Papa Bergoglio con un Motu Proprio (di propria iniziativa) ha contenuto le spese per il personale della Santa Sede, del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e di altri enti affini vista la crisi finanziaria, aggravata dalla pandemia.
“Ritenendo necessario procedere secondo criteri di proporzionalità e progressività” e “per salvaguardare i posti di lavoro attuali”, ha deciso un taglio degli stipendi che toccherà i cardinali per il 10% e da scendere per gli altri superiori, ecclesiastici e religiosi. Per queste figure di vertice ha sospeso anche i tiri di anzianità fino al 2023 (ad eccezione dei laici dal primo al terzo livello). Un futuro economicamente sostenibile oggi richiede, tra le altre decisioni, anche l’adozione di misure riguardanti le retribuzioni del personale”, scrive Bergoglio nel suo ‘motu proprio‘.
Il Papa, come sappiamo, non vuole licenziare, ma occorre contenere le spese e intervenire “secondo criteri di proporzionalità e progressività” con alcuni aggiustamenti che riguardano soprattutto chierici, religiosi e di altissimo livello. Una stretta motivata “dal deficit che da diversi anni caratterizza la gestione economica della Santa Sede” e dalla situazione creata dalla pandemia, “che ha inciso negativamente su tutte le fonti di reddito della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”.
Il 1 aprile inizierà il taglio di stipendio per cardinali e superiori ordinato dal Papa. Nel Motu proprio, Bergoglio scrive che a partire da quella data il compenso “pagato dalla Santa Sede ai cardinali si riduce del 10 per cento”. Inoltre, la riduzione salariale regolata dalla legge sarà dell’8 per cento per i dipendenti della Santa Sede, del Governatorato e di altri organi collegati classificati nelle fasce di paga C e C1, cioè quelli dei capi e dei segretari dei dicasteri.
Diminuzione generalizzata del 3% per i dipendenti impiegati o religiosi, da quelli classificati nella fascia di stipendio C2 fino al primo livello: una diminuzione che interesserà quindi tutto il personale non laico. I tagli non si applicano in casi eccezionali legati ai costi sanitari. Il blocco delle riprese biennali tra il 1 aprile 2021 e il 31 marzo 2023 riguarderà tutto il personale in servizio presso la Santa Sede, il Governatorato e altri organi collegati. “Ma solo per il personale laico – precisa la cronaca vaticana – questo blocco riguarderà i dipendenti dal quarto livello in su e quindi non toccherà gli stipendi più bassi”. Le disposizioni si applicano anche al Vicariato di Roma, alle Basiliche Papali Vaticane, Lateranensi e Liberiane, alla Fabbrica di San Pietro e alla Basilica di San Paolo fuori le mura.
La Città del Vaticano non cadrà nella depressione economica, l’Italia la sta vivendo
La divulgazione della decisione di Papa Begoglio è un atto di coraggio, forse un monito, al Paese su cui il piccolo Stato, lo Stato della Chiesa, entità territoriale internazionale che vigila su una comunità pari a 1.328.993.000.
La visione di un economista italiano. Un paragrafo del libro “Parole in Crisi – Olte il Coronavirus” di Franco Tutino, professore emerito dell’Università La Sapienza di Roma, ha anticipato quello che sta attraversando l’Italia, non solo: “L’epidemia di crisi sanitaria che stiamo affrontando, scrive il Prof. Tutino, ricorda la grande crisi finanziaria in cui si sono trovate negli ultimi anni le banche e l’intera economia. E i cui effetti continuiamo tutti a sentire. Le due crisi hanno molto in comune: epidemie di altissima violenza, estrema rapidità di diffusione, rischi poco conosciuti e, soprattutto, poco considerati – e da troppo tempo. Anche la finanza ha i suoi virus: questi sono i rischi a cui sono esposti tutti gli operatori: banche, aziende, investitori, risparmiatori. Quindi, direttamente o indirettamente, tutti noi. “Un occhio lungo, non un’ipotesi”!
Il presidente della Cei: ‘Mai voltare le spalle quando i poveri chiedono aiuto’
Cresce la povertà in Italia a causa del Covid-19, ma crescono anche gli aiuti della Chiesa a causa dei suoi problemi finanziari. Il disagio di lunga data di molti italiani che vivono in povertà è tornato alla ribalta con l’arrivo del covid. Il loro grido di disperazione, un raglio al cielo, si era quasi spento stanco di implorare aiuto o per dignità. Fino a ottenere poco aiuto, troppo poco, dal governo. L’incidenza della povertà assoluta tra la popolazione italiana è più che raddoppiata negli ultimi dieci anni, oggi è salita a oltre 5,5 milioni, di cui 1.137 milioni sono bambini in povertà.
La Chiesa: con una mano prende e con l’altra dà
Ed è proprio la Chiesa, che nonostante le restrizioni imposte ai suoi prelati continua nella sua opera di carità come dimostrano i gesti della cerimonia sufi del Dervishi: “con una mano prendo e con l’altra dono”. Aiuti che nel solo 2019-20 ammontano a oltre 1,6 miliardi con fondi da 8xmille. Le persone con problemi occupazionali, lavorativi e problemi economici si rivolgono ai centri di ascolto e ai servizi della Caritas diocesana per quanto riguarda il periodo di pre-emergenza coronavirus. Emerge un aumento dei problemi familiari del 75,7%, del 62,8% di quelli dell’istruzione, del 60% della salute, anche in termini di disagio psicologico, e della casa. Bisogni aggiuntivi, legati a problemi di solitudine, relazioni, anche con implicazioni conflittuali, ansie e paure, disorientamento e disinformazione.
Anche la carità ordinaria non fallisce
I fondi addizionali elencano centinaia di milioni aggiornati agli interventi normalmente decisi dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana) nella distribuzione ordinaria dei fondi 8xmille. Nel 2019, ad esempio, l’8xmille destinato agli interventi di beneficenza è stato di oltre 285 milioni di euro.
L’azione di Papa Francesco è un nobile esempio che il governo italiano dovrebbe adottare per i suoi cittadini.
Crediti fotografici: in copertina foto di Walkerssk, a seguire di Annett Klingnera, di Jerome Clarysse, di Michael-Siebert, di Proceania, tutte da Pixabay e dell’autore.