La Reggia di Venaria, complesso monumentale alle porte di Torino dichiarato Patrimonio dell’Umanità insieme alle altre Residenze Sabaude del Piemonte, inaugura la nuova stagione con una mostra preziosa e di grande suggestione: All’ombra di Leonardo. Arazzi e cerimonie alla corte dei papi, aperta al pubblico dal 21 marzo e fino al 18 giugno 2023 presso le Sale delle Arti. La mostra a cura di Alessandra Rodolfo ed Andrea Merlotti è organizzata dal Consorzio delle Residenze Reali Sabaude con l’importante partecipazione dei Musei Vaticani e raccoglie opere provenienti, oltre che dai Musei Vaticani stessi, dal Palazzo del Quirinale, dal Museo di Roma, dai Musei Reali di Torino, dal Museo Diocesano Tridentino, dalla Civica Raccolta delle Stampe A. Bertarelli di Milano e da diverse collezioni private.
Si tratta di un’occasione imperdibile per compiere un viaggio all’interno di alcune fra le più importanti cerimonie papali: la Lavanda dei piedi e la Coena Domini che si svolgevano il Giovedì Santo nel cuore del Palazzo Vaticano, in ambienti solenni impreziositi da straordinarie opere d’arte, legate a nomi di Leonardo e Raffaello. Cogliendo il senso di antiche cerimonie, ricche di simboli e di significati, arazzi, quadri, incisioni ed oggetti raccontano una storia che affonda le sue radici lontano nel tempo, immergendo il visitatore in un mondo di tradizioni e antichi riti. Non solo atti esteriori, ma importanti testimonianze della Chiesa Romana.
La storia che si racconta ebbe inizio nel 1533 quando, in occasione del matrimonio di Caterina de’ Medici, nipote di papa Clemente VII, ed Enrico di Valois, secondogenito del re di Francia Francesco I, quest’ultimo donò al pontefice un prezioso arazzo raffigurante l’Ultima Cena di Leonardo. Un matrimonio e un regalo importante che suggellavano l’alleanza tra la Francia e il Papato contro l’imperatore Carlo V (responsabile del sacco di Roma). L’opera fu realizzata dopo il 1516 su ordine dello stesso Francesco I e di sua madre Luisa di Savoia. Questo spiega la presenza di simboli sabaudi lungo tutta la bordura dell’arazzo. Nel prezioso panno, interamente tessuto in oro e seta, l’Ultima Cena milanese è trasposta con assoluta fedeltà, ma con un’importante variazione. Lo sfondo –che nell’originale è quasi un’astrazione– diviene un’architettura rinascimentale: come se l’Ultima Cena si svolgesse alla corte di Francia. Francesco I era un grande estimatore di Leonardo, tanto da averlo chiamato alla sua corte presso il Castello di Amboise (nella Valle della Loira) dove l’artista visse dal 1516 al 1519, ed è ormai opinione di molti che il cartone dell’arazzo, su cui fu poi effettuata la successiva tessitura, sia stato realizzato in Francia sotto la supervisione dello stesso Leonardo.
Quando lo ebbero nelle loro collezioni, i pontefici decisero di utilizzare l’arazzo per alcune delle più importanti e suggestive cerimonie religiose della corte papale. In particolare nella Lavanda dei Piedi che si svolgeva nella sala Ducale del Palazzo Vaticano e in occasione della quale il pontefice, a imitazione di Cristo, lavava i piedi a tredici sacerdoti poveri (dodici rappresentavano gli apostoli, uno forse Cristo stesso) posti a sedere su un palco sotto l’arazzo leonardesco. Lo stesso pontefice, poi, coadiuvato dal suo seguito, serviva la cena (Coena Domini) ai tredici con chiaro rimando all’Ultima Cena.
Qui il panno leonardesco intrecciò la sua storia con un altro arazzo, di grande rilievo e bellezza: quello per il dossale del baldacchino papale, realizzato sempre per Clemente VII, appassionato collezionista di prodotti tessili. A disegnarlo per lui erano stati gli allievi di Raffaello, gli stessi che avevano lavorato con il Maestro nelle celeberrime Stanze Vaticane e nelle Logge del palazzo. A quarant’anni di distanza dalla sua ultima esposizione l’imponente baldacchino, realizzato nella stessa manifattura brussellese da cui uscirono i famosi arazzi di Raffaello della Cappella Sistina, verrà ricostruito in mostra, munito della sua copertura impreziosita dai suoi pendenti di straordinaria bellezza.
Il rito della Lavanda non era però una prerogativa pontificia. Tutti i sovrani cattolici -e sino a fine Seicento anche il protestante re d’Inghilterra a imitazione della corte papale- la praticarono per molti secoli, in alcuni casi sino a meno d’un secolo fa. Una storia anch’essa ricordata nella mostra da una splendida brocca (aiguiere) usata da Carlo Felice e Carlo Alberto di Savoia, ora nei depositi dei Musei Reali di Torino. È associata ad altre due analoghe, provenienti dalla Sagrestia Pontificia, usate probabilmente per lo stesso scopo.
Info: lavenaria.it