Zibibbo di Pantelleria Docg: la soluzione per salvare l’identità enoica di quest’isola unica

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Alcune modifiche ai disciplinari della Doc Pantelleria e della Doc Sicilia hanno messo in crisi la produzione di Zibibbo sull’isola. Per il rilancio dei vini panteschi la proposta emersa al recente convegno “Pantelleria è Zibibbo” è di puntare ad una Docg Pantelleria Zibibbo

La chiamano viticultura eroica, la si trova qui sulle isole siciliane, alle 5 Terre e così pure in montagna, Valtellina e valli valdaostane ne sono l’esempio: sono le viti che crescono sui terrazzamenti creati da chilometri di muretti a secco spazzati dal vento che hanno fatto vincere all’isola il riconoscimento di patrimonio dell’Unesco. I vignaioli hanno quindi consentito alle viti di poter crescere, per la singolare tecnica utilizzata per la vite ad alberello basso dello Zibibbo, nel terreno scavato a conca, a difesa dei rami più piccoli e per trattenere l’umidità necessaria alla vite.

Per capire meglio i suoi punti di forza turistici ma anche quelli critici, legati ai prodotti che dovrebbero svilupparsi per la qualità di queste uve e per l’amore dei vignaioli panteschi verso quelle viti e quell’uva difesa dal vento con caparbietà e fatica il Sindaco di Pantelleria, Vincenzo Campo, assieme all’amministrazione comunale, ha organizzato un convegno di tre giorni di incontri sul futuro vitivinicolo e agricolo dell’isola mediterranea, dal titolo “Pantelleria è Zibibbo”, coordinato da Giampietro Comolli, esperto manager del mondo vitivinicolo.

La difesa della tradizione vinicola, riconosciuta da Unesco

L’obiettivo del Sindaco, che fa parte del Movimento 5 Stelle, è soprattutto a difesa dello Zibibbo, la vite da sempre coltivata dai vignaioli panteschi. Oggi, infatti, il nome Zibibbo figura come vitigno o sinonimo di Moscato nell’etichetta della Doc Sicilia e Igt Terre Siciliane ma non nella Doc Pantelleria. Bisogna cercare presto una soluzione che sia a salvaguardia dei vini delle cantine locali che si contrappongono ai maggiori produttori siciliani. Il risultato è stato che a Pantelleria, come chiarisce il sindaco Campo, “gli ettari a Moscato di Alessandria in poco meno di sessant’anni sono passati da 5mila a 429 mentre i viticoltori sono passati da 3.700 a 350. “Siamo molto preoccupati – afferma – le ultime modifiche normative rischiano di dare il colpo di grazia a una viticoltura totalmente manuale e che è già alle prese con l’avanzata età media dei viticoltori. La sicilianizzazione dello Zibibbo rischia di cancellare dopo millenni la viticoltura dalla nostra Isola con buona pace dei riconoscimenti Unesco relativi ai muretti a secco e alla coltivazione della vite per il particolare “alberello basso”.

Qui è duro il lavoro per la vendemmia, fatta ancora a mano, con almeno due passaggi di raccolta per ceppo perché il clima e il vento guidano la maturazione dell’uva, posta ad appassire su teli sulla terra o su cannucce con il solo vento di scirocco o tramontana; ne esce un bianco secco e profumato quanto basta, adatto ai piatti locali ma non solo; ma per chi cerca qualcosa di unico, speciale e raro, giovane o con invecchiamenti più lunghi, c’è il Passito di Pantelleria, un vino ineguagliabile ma che va difeso.

Tra le tante proposte, anche concrete, la più significativa è quella di lavorare ad una Docg Pantelleria Zibibbo, che comprenda l’intera produzione dell’isola. Una Docg che serva a riconoscerne l’identità e ad elevarne il valore, una sola tipologia con una bottiglia e un’etichetta uniche in grado di rappresentare la storia e la tradizione ma anche garantire l’avvenire delle giovani generazioni. Ora sta solo ai viticoltori e piccoli imbottigliatori panteschi decidere: devono trovare un’unità di intenti e lavorare per la rinascita del vino locale. Un appoggio possono trovarlo nell’associazione che si è costituita tra gli amici (non panteschi) di quest’isola, ma anche in chi, durante questa tre giorni, si è offerto di fare una ricerca e sperimentazione di ceppi di zibibbo antico con piede franco, e chi di lavorare ad una zonazione innovativa. L’Amministrazione locale cerca la riconferma: il sindaco Campo ha ricordato i 52 milioni di euro che arriveranno grazie ai fondi del Pnrr.

 

Le proposte dell’esperto di denominazioni d’origine Giampietro Comolli

lo Zibibbo deve restare solo ed esclusivamente di Pantelleriaafferma Giampietro Comolli, chiamato quale consulente dal sindaco a proporre e stimolare i temi più caldi del dibattito – solo così si tornerà a coltivare con entusiasmo le tante terre incolte, solo così i giovani possono vedere un loro futuro nella Terra dove sono nati ma la comunità pantesca deve essere unita e coesa. Senza Zibibbo, senza vigne, vuol dire un abbandono di terre, di incolti, di povertà, di mancanza lavoro in una isola con 4000 dammusi ristrutturati che hanno creato un naturale albergo diffuso. La presenze dell’uomo e donna pantesca sono una certezza, un presidio, previene eventi calamitosi e dolosi che negli ultimi hanno ha profondamente ferito alcuni paesaggi, mantiene e migliora il riconoscimento Unesco, controlla la raccolta e distribuzione dell’acqua piovana, salvano 400 giardini unici panteschi, 1000 km di muretti a secco per difendere colture dell’orto. Delocalizzare lo Zibibbo vuol dire incentivare un lento declino produttivo economico vitale a vantaggio di pochi imprenditori non panteschi. Non si accusa assolutamente nessuno, ma urge trovare una soluzione intelligente che blocchi la clonazione di un gioiello pantesco e si perda una bellezza paesaggistica unica”.

Giampietro Comolli, uno dei più grandi esperti negli anni di consorzi e vini Doc, intende proporre una soluzione pratica, alternativa alla foglia di fico della  fascetta Doc: “E’ emerso unanime unanime fra tutti i vitivinicoltori presenti ai dibattiti e tavoli di lavoro voler proporre una nuova, unica etichetta di una tipologia che già fa parte della Doc, ma che incarna la storia, la cultura e il futuro generazionale di quest’isola vulcanica amata dai turisti per le sue peculiarità uniche. Esiste una Doc Pantelleria con 9 sottomenzioni (il 90% delle doc italiane fino a 10-15 anni fa erano tutte così come Franciacorta o Oltrepò pavese ad esempio) di cui due intoccabili rappresentano l’80% del totale, e una che si propone di “estrapolare” con vita autonoma, albo autonomo, regole, controlli autonomi e più severi della Doc, ovvero il Pantelleria Docg Zibibbo Classico Naturale Passito Dolce, cioè quello coltivato nella unica terra antichissima d’origine (più qualificante – a parità di costi e impegni – una fascetta di Stato Docg che Doc !!), con obbligo imbottigliamento sulla terra vulcanica, che abbia la possibilità di essere messo sul mercato con un marchio unico “pantesco” (tutti possono usufruirne se rispettano il disciplinare di produzione”.

Una sola “DOCG” autonoma, con sede sull’isola

I piccoli produttori vitivinicoltori (cioè con vigna di Zibibbo, cantina, imbottigliamento ed etichetta tutto in svolgimento di filiera su quest’isola), oggi divisi fra associati al Consorzio, aderenti a Pantelleria Enoica e anche quelli senza appartenenza, intendono tutti procedere con una sola “Docg” autonoma, con sede sull’isola. Ovviamente in questo caso tutti i vignaioli confluirebbero inun unico Consorzio di Tutela, quello esistente, con alcune modifiche necessarie, in sintonia con la legge che istituisce i Consorzi.

Il vino Docg, antichissimo ma nuovissimo legalmente, deve essere esclusivo, unico, autentico senza mistificazioni, baratti, scambi occulti o interferenze fuori dal rispetto della filiera in modo tale che – finalmente – al consumatore finale sia chiaro quale è lo Zibibbo di Pantelleria: reale, non artefatto, giusto, remunerativo, confacente alla qualità e alla garanzia, tracciabile e certificato con autenticità di metodo unico: i teli all’aria aperta e al sole e coperti di notte.

E’ quindi opportuna la costituzione di una associazione della “Rotta-Via circolare dello Zibibbo&Sapori” che sia strumento di valorizzazione sul territorio e di forte unione fra produttori alimentari, vinicoli, esercizi ricettivi e di ospitalità. Se la proposta fosse rigettata, ovviamente già i produttori locali stanno valutando altre strade alternative e dirompenti anche per le istituzioni pubbliche qualora ostacollassero tale progetto. Pantelleria deve “resistere, rinascere, puntare in alto” per il suo vino, come per l’enoturismo, i prodotti tipici e gli alberghi diffusi tra i “dammusi”, scelta ideale per rispettare la natura.