Giorgio Morandi torna in mostra a Milano, dopo più di trent’anni

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Dal 5 ottobre al 4 febbraio 2024 a Palazzo Reale di Milano apre al pubblico Morandi 1890 – 1964, una grande esposizione che ripercorre l’intera produzione artistica del celebre pittore bolognese attraverso oli su tela, incisioni all’acquaforte e acquarelli

La mostra è frutto di un pluriennale lavoro collaborativo, che ha permesso alla curatrice Maria Cristina Bandera di ottenere 120 opere in prestito da importanti istituzioni pubbliche e collezionisti privati. E’ realizzata grazie a Unipol e Bper banca, promossa dal comune di Milano/Palazzo reale, Civita Mostre e Musei e 24 ore Cultura in collaborazione con il Settore Musei Civici Bologna/Museo Morandi.

In effetti è stato il collezionismo milanese degli anni ’40 – ’60 appoggiato dalla strategia commerciale delle gallerie d’arte, a promuovere il successo del maestro bolognese, artista fra i più schivi e alieni dalle ribalte tra i suoi contemporanei. Questa mostra, ha affermato Elena di Gioia, delegata Cultura di Bologna e città metropolitana, è un ponte culturale fra le due città.

La curatrice nel presentare la mostra da lei ideata parla dell’entusiasmo che ha conquistato tutto il gruppo dei collaboratori e della soddisfazione dei prestatori delle opere – MART di Rovereto, Uffizi, GAM Milano, collezioni ENI,Olivetti,TIM, museo di arte contemporanea di Siegen e Winterthur, Musei Vaticani, RAI, camera dei deputati per citarne solo alcuni – appartenenti alle più eterogenee categorie.

Nel susseguirsi delle 34 sezioni della mostra seguiamo l’evolversi della produzione artistica di Giorgio Morandi (Bologna 20/7/1890 – ivi 18/6/1964), che comprende oli su tela, incisioni all’acquaforte, acquarelli.

Opere degli anni 1913 – 1920

Nella prima sala tre opere degli esordi, Fiori, Paesaggio, Autoritratto ci rivelano le prime esperienze del pittore che, messi da parte gli insegnamenti accademici, dopo iniziali contatti con i futuristi è affascinato da Cézanne e Picasso, ma non trascura una personale rivisitazione di Giotto e Piero della Francesca (ci vengono presentate la serie delle bagnanti e le nature morte). E’ attratto anche dalle esperienze metafisiche di De Chirico e Carrà, come evidenziano le opere in mostra, ma poi messa da parte la figura umana, torna presto ad indagare gli oggetti e i fiori ricercando tonalità cromatiche e soluzioni prospettiche ottenute con la sapiente coreografia degli oggetti messi in scena Morandi sperimenta anche la tecnica dell’incisione nella sua ricerca di nuove tonalità ottenute a partire da due colori, bianco e nero.

Sono in mostra l’acquaforte La grande natura morta con lampada a destra e la lastra in rame con le versioni stampate. (La sua maestria come incisore gli fece ottenere la cattedra di tecnica dell’incisione in quella stessa accademia di Bologna che aveva frequentato e infine  contestato da giovane). Paesi, natura morta e fiori sono i temi fondamentali delle sue pitture, declinati in serie di opere simili ma mai uguali, in cui si riscontrano progressivi piccoli cambiamenti che lo portano passo dopo passo a definire il suo personalissimo linguaggio astratto, secondo il suo assioma: “ritengo che non vi sia nulla di più surreale, nulla di più astratto del reale”.

Gli anni ’30

La mostra ci presenta di questi anni il tema del paesaggio accostato a quello delle nature morte. Ci trasferiamo nei luoghi amati dal pittore, nell’Appennino bolognese, dove con le sorelle Morandi suole trascorrere l’estate, e la casa di via Fondazza 36 a Bologna dove, nella quiete della sua camera, si dedica alla pittura. Il cortile visto dalla sua finestra, le montagne, i casolari nelle varie stagioni ci sembrano sospesi nel tempo e mostrano il loro fascino pur nella loro insipienza grazie al gioco della luce, dei tagli prospettici e dei toni di colore, al pari delle nature morte che nel sostanziale ripetersi delle forme sembrano sempre più irreali.

Gli anni ’40 e successivi

Negli anni di guerra Morandi reagisce all’angoscia e allo smarrimento isolandosi a Grizzana, dove continua a evolvere i paesaggi e le nature morte. Ma i paesaggi si fanno più tormentati e appaiono immersi in un tempo sospeso, di attesa. Nelle nature morte compaiono enigmatiche composizioni di conchiglie e consuete rappresentazioni di oggetti domestici (bottiglie,imbuti,ciotole, fragili vasi,vetri) trattate con minime variazioni di tono, luce fredda e colore scuro. E’ presente anche il tema dei fiori che partecipa di questo straniamento.

Negli anni successivi, in un clima di ritrovata serenità, Morandi continua a riflettere ed elaborare i temi a lui cari. Compatta gli elementi delle nature morte sulla scena e ne stempera i contorni arrivando quasi a dissolverle. Nel paesaggio ritornano vedute del cortile di via Fondazza ma le vedute della campagna perdono l’aggancio col reale risolvendosi in astratti volumi e macchie di colore. Ampio spazio della mostra è dedicato all’acquarello, cui Morandi si dedica a partire dagli anni ’50. Con questa tecnica realizza nature morte e paesaggi consolidando la dissoluzione della forma e usando anche il bianco del foglio come mezzo pittorico.

Morandi sino alla fine non smette di dipingere e fare ricerca per “toccare il fondo delle cose”. Ha pienamente realizzato, forse senza conoscerlo, il precetto epicureo del “late biosas” – vivi appartato, perchè vi era naturalmente predisposto e aveva bisogno di tranquillità per lavorare, ma ha sempre avuto contatti con storici dell’arte (Longhi, Brandi, Ragghianti) e collezionisti soprattutto Vitali.

All’interno del percorso, una installazione video ci porta dentro la camera studio di via Fondazza con gli arredi e gli oggetti protagonisti dei suoi dipinti e possiamo ascoltare anche una intervista radiofonica al pittore (1955).   La mostra è corredata da un catalogo-guida alla mostra a cura di Maria Cristina Bandera, da 2 volumi della stessa autrice dedicati “Giorgio Morandi” e da una graphic novel “Natura morta. Una domanda a Giorgio Morandi” di Maicol e Mirco.

 di Annamaria Taddei

Info: palazzorealemilano.it/mostre/1890-1964

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