Le origini di Tellaro, in Liguria, sono sepolte negli oliveti alle spalle di quel che resta dei paesi di Barbazzano e Portesone. Due borghi antichi almeno quanto Lerici, nascosti nella collina, a debita distanza da quel mare da cui nell’antichità era prudente tenersi lontani. Barbazzano era un importante borgo fortificato destinato a proteggere l’approdo a Tellaro e la Curtis, cioè il luogo di raccolta dei prodotti, situato a Portesone. La leggenda vuole che Barbazzano sia stato distrutto da un’incursione di pirati la notte della vigilia di Natale e il trasferimento della sua parrocchia a Tellaro ha una data precisa: il 9 aprile 1574, quando nella chiesa di San Giorgio il sacerdote Vincenzo Malfanti impartì il sacramento a “Giuviam figlio del batista de Baldasare e la pelegrina sua molia che fu il primo che si batezase nela giesa de telae dopochè fu conduto il batesimo de barbazan in telae“.
Il suo legame con il mare, con quel mare da cui arrivò la distruzione di Barbazzano, Tellaro lo ha rinsaldato in un’altra leggenda: quella del polpo che, attaccatosi alle funi delle campane, svegliò il paese mettendo in fuga i pirati che stavano per assaltarlo. Incerta l’origine del nome che qualcuno fa risalire all’etrusco o paleo ligure ‘Tular’ che significa confine. Dal punto di vista ammistrativo il borgo fu per secoli una dipendenza di Amelia e il suo passaggio al comune di Lerici risale al 9 novembre 1939. Il Novecento fu il secolo che consacrò la bellezza di Tellaro e della sua costa, scelta come residenza da David Herbert Lawrence e poi da Mario Soldati. Alle soglie del nuovo millennio il sigillo: l’inserimento tra i cento borghi più belli d’Italia.
Il sito della CNN, il network televisivo all-news statunitense, ha inserito Tellaro tra i sette borghi più belli e affascinanti d’Europa. “Strade tortuose a picco sul mare e un minuscolo porticciolo; un miscuglio di edifici pastello arroccati vertiginosamente sulla scogliera. Fu citato da poeti e icone della letteratura come Byron e Lawrence, che hanno cercato la loro ispirazione in questo paradiso del Mediterraneo”. Così viene definito Tellaro sul sito ufficiale dell’emittente tv a stelle e strisce, che lo annovera tra i primi posti nell’indice di gradimento turistico a livello mondiale“. “Una bella soddisfazione – commenta l’ex sindaco di Lerici Marco Caluri – e un ulteriore tassello di promozione per il nostro territorio”.
La leggenda del Polpo
Oggi i Tellaresi fanno quasi tutti il mestiere del marinaio. Ma una volta, quando non esistevano ancora i piroscafi, i Tellaresi facevano soltanto i pescatori e i contadini. Proprio cosi’: facevano l’ uno e l’altro insieme. Se il mare era calmo andavano a pescare e se era in burrasca coltivavano gli ulivi sulla grande collina che sovrasta il villaggio. Stavano abbastanza bene perché vendevano alla popolazione di una città non troppo lontana sia il pesce che pescavano, sia la grande quantità di olio che spremevano dalle ulive dei loro splendidi uliveti. Ma non vivevano mai completamente tranquilli. In quei tempi infatti i villaggi in riva al mare erano esposti al continuo pericolo delle incursioni dei Pirati. I Pirati erano uomini senza scrupoli: percorrevano il mare con navi rapide, leggere, munite di enormi vele. Sbarcavano improvvisamente, scegliendo soprattutto le coste dei villaggi più isolati, più piccoli più indifesi, come appunto era Tellaro. Sbarcavano e rubavano tutto quanto potevano portare via sulle loro navi: mercanzie, mobili, oggetti di valore e si dice bambini, che poi venivano venduti come schiavi. Se qualcuno degli abitanti osava opporsi non esitavano ad ucciderlo e qualche volta per vendetta incendiavano le case. Per difendersi dai pirati non c’era che un mezzo: fare sempre buona guardia, tenere in vedetta delle sentinelle che sorvegliavano dalla cima di torri appositamente costruite o dalle finestre delle case più alte.
Appena scorgevano le navi dei Pirati davano l’allarme. Correvano alla chiesa e suonavano a distesa le campane. Come tutti gli altri abitanti di quella costa anche i Tellaresi dunque stavano all’erta. Tellaro per conto suo era già una difesa naturale: ogni finestra avrebbe potuto servire di vedetta, e le rocce del promontorio su cui sorgevano le case, e le case stesse alte addossate formavano quasi una fortezza. Quanto al porto, non era un vero porto ma uno scivolo così piccolo, così stretto tra le case, che i Tellaresi e tutti quelli che giungevano in loro soccorso potevano combattere con una buona probabilità di vittoria riparandosi nei profondi sottoportici delle case, accogliendo i pirati a colpi di archibugio. Accadde che una sera d’ inverno si levò una furibonda burrasca. Il mare tuonava e batteva contro la scogliera. Le onde altissime si infrangevano sulle rocce e raggiungevano il secondo ed il terzo piano delle case. Le barche da pesca furono tirate in secca lungo tutto lo scivolo del porticciolo, fino dentro le porte delle case e furono assicurate alle inferriate con robuste funi e con i più sapienti nodi marinareschi. Prima di tutto gli abitanti c’erano abituati, poi sapevano benissimo che la furia del mare era la miglior soluzione, garanzia contro il pericolo di uno sbarco dei Pirati: al punto che nessuno quella notte era stato incaricato di fare la sentinella. Chi avrebbe potuto sbarcare durante una tempesta come quella? Neppure il diavolo in persona. Oltretutto quell’anno il raccolto delle olive era molto abbondante; la sola preoccupazione era quella di non riuscire a vendere tutto l’olio! Verso la mezzanotte, quando ognuno ormai dormiva saporitamente malgrado il fracco dei tuoni e la luce dei lampi, a poco a poco la pioggia cominciò a cadere. E fu allora che ad un tratto le campane della chiesetta, che è l’ultima costruzione di Tellaro e che sta proprio sul promontorio, cominciano a suonare. In pochi secondi i Tellaresi sono svegli. I più giovani sono già fuori. Corrono alla chiesa. Tuona, lampeggia, la pioggia cade di traverso, un finimondo. Arrivano al campanile e aprono le porticina. Le campane continuano a suonare disperatamente. Ma cosa incredibile, non c’è il sagrestano. Non c’è nessuno che le suona! Non ci sono neanche le funi. Ormai tutti i Tellaresi sono al porto. Alla luce dei lampi scorgono le funi delle campane: pendono fuori dalla finestra del campanile e un enorme polipo si è avvinghiato e le tira con la forza disperata dei suoi 8 tentacoli, aiutato anche dalla violenza delle ondate che sembrano di volta in volta strapparlo lontano. Intanto, a breve distanza sulla superficie del mare nero come l’inchiostro, ecco alla luce dei lampi che si stavano avvicinando i Pirati. Non c’è tempo per chiedere soccorso ai villaggi vicini. Il momento è terribile: come faranno i Tellaresi a salvarsi? Samuele, il più vecchio di tutti, si ricorda dell‘abbondanza di olive raccolte quell’anno e ha un‘idea. Rapidissimamente un grande numero di orci viene trasportato nei sottoportici. L’olio è versato nei calderoni di rame che di solito servono a scaldare la pece per calafatare le barche. I calderoni sono disposti in fila: sotto ciascuno viene acceso in fretta un grande fuoco. I pirati si avvicinano… I Tellaresi attendono in silenzio, nascosti nei sottoportici, e badano ad alimentare i fuochi. Quando finalmente i Pirati sbarcano e cominciano sospettosi e cauti a salire lo scivolo del porto, tutti rovesciano addosso a loro i calderoni di olio bollente. Si può pensare che fine hanno fatto quella volta i pirati! Si gettano in mare per raggiungere le loro navi. Intanto i Tellaresi hanno incominciato a prenderli ad archibugiate. Mai vittoria di villaggio aggredito dai Pirati fu più completa!
La facciata della chiesetta di Tellaro scolpita in ardesia ricorda ai Tellaresi il loro salvatore. C’è chi dice però che in fondo si sia trattato soltanto di un caso. Ecco come la furia del vento aveva spinto le funi delle campane fuori dalla finestra del campanile e la violenza del mare aveva staccato il Polipo dalle rocce e lo aveva scagliato lassù; e da lassù il Polipo, vedendo pendere le funi, le aveva afferrate con la sua forza che come si sa è enorme. Il mare a ogni ondata sembrava volerlo risucchiare e trascinare nell’abisso. Il polipo aveva continuato ad afferrarsi alle funi e a tirarle di modo che anche tutte le campane avevano continuato ad attirarlo per un bel pezzo e a suonare. Che poi i pirati stessero in quel preciso momento per sbarcare a Tellaro, questa era stata soltanto una coincidenza, c’è qualcuno che dice proprio che è cosi. Sia come sia, intelligente bontà del Polipo o cieca fortuna del caso, nessun villaggio ha un monumento così bello come quello di Tellaro.
Gli eventi ricorrenti nel 2020
Natale Subacqueo: tra le feste di particolare suggestione vi è il Natale Subacqueo che celebra la nascita di Gesù la notte di Natale. Ogni anno infatti la statua del bambino emerge dalle acque, trasportata da un gruppo di subacquei e depositata nella mangiatoia, in una cornice di oltre 5000 lumini disposti nei punti caratteristici del borgo e festeggiato da fuochi d’artificio sul mare.
Sagra del Polpo: da oltre trent’anni i tellaresi ricordano l’evento narrato dalla celebre leggenda popolare con la “sagra del polpo” che si svolge ogni anno la seconda domenica d’agosto, organizzata dall’Unione Sportiva locale.
Borgofatato: il 22 agosto le strade e le cantine del centro storico di Tellaro si popola nodi personaggi fantastici che raccontano la magia del Borgo. Una serata magica di streghe, fate, e folletti. Questo evento prende spunto dalla leggenda che narra di una donna, Mene, che passò la sua vita a vagare per i vicoli del Borgo di Tellaro in cerca dei figli perduti.
Festa di San Giorgio: il 23 aprile si festeggia il patrono di Tellaro, San Giorgio, con la tradizionale fiera paesana con bancarelle.
Altramarea: Rassegna Nazionale di poesia contemporanea organizzata dall’associazione Culturale Arthena che si tiene nel mese di agosto a partire dal 1996 nella piazzetta antistante l’oratorio di Selàa (nella foto sopra). Si tratta di un vero e proprio laboratorio di poesia a cielo aperto nel quale si alternano le voci importanti del panorama letterario contemporaneo italiano.
Visita la pagina sulla gastronomia del Golfo dei Poeti: https://www.voyager-magazine.it/enogastronomia/le-tradizioni-gastronomiche-liguri-semplici-e-gustose-del-golfo-dei-poeti/
Testo di Roberto Gavazzi