Palazzo dei Diamanti di Ferrara ospita, da sabato 16 febbraio fino al 2 giugno, la mostra del momento: ‘Boldini e la moda’.
Una mostra così, su Boldini, non è mai stata realizzata prima d’ora: un fil rouge strettissimo che lega la produzione pittorica del grande maestro ferrarese della Belle Époque ai grandi couturier francesi del periodo, in un inedito rapporto di scambio reciproco.
Non quindi solo un pittore di raffinatissima tecnica ed enorme successo, ma un vero e proprio influencer ante litteram, che a colpi di pennello ha detto la sua nel formarsi dell’alta moda parigina tra Otto e Novecento.
Un pittore al quale è stato dedicato un articolo dal magazine “Vogue”. Un articolo del luglio del 1931 dal titolo emblematico (Giovanni Boldini. Pittore dell’eleganza), in occasione della prima retrospettiva allestita a Parigi pochi mesi dopo la sua scomparsa.
Dal 1931 ad oggi il magnetismo emanato dalle opere del grande pittore ferrarese non ha perso quindi smalto verso il mondo dell’alta moda, richiamandone intatta l’attenzione e la curiosità verso il fascino che pervade i ritratti presenti in mostra e gli abiti strepitosi ad essi affiancati.
Sono tante le mostre che negli ultimi decenni abbiamo visto dedicate a Giovanni Boldini, ma questa allestita al Palazzo dei Diamanti di Ferrara approfondisce un aspetto, fondamentale, che riesce ancora a sorprenderci: il legame complesso tra Boldini e la Moda. “Pittore dell’eleganza” per eccellenza, egli ha saputo creare un canone di bellezza moderno e dirompente che avrebbe ispirato generazioni di stilisti da Christian Dior e Giorgio Armani, da Alexander McQueen a John Galliano. E’ recentissima la dichiarazione di Armani per la presentazione della sua collezione di Alta Moda Privé autunno inverno 2018-2019: “Per alcuni vestiti mi sono ispirato alle forme del pittore Boldini e ho voluto dare un tono drammatico anche alla sontuosità dei bagliori. Il tutto rimanda all’idea che mi sono messo fin da principio, ricordare come era inizialmente l’Haute Couture mostrandone la vera essenza”.
La mostra ricostruisce, dopo un ampio studio, la fitta rete di rapporti sociali e professionali che l’artista ferrarese ebbe con la nascente industria dell’Alta Moda nella Parigi scintillante della Belle Époque. Per l’alta società europea e americana era d’obbligo andare a Parigi una o due volte all’anno per rifarsi il guardaroba, rito di precetto in quell’ambiente per la celebrazione della propria immagine (come diceva Henry James, l’abito è un potente simbolo). E Parigi a cavallo tra i due secoli divenne una passerella di sfilate a cielo aperto.
Boldini aveva legami, quasi di complicità, con i grandi couturier come Worth, Doucet, Poiret, le Sorelle Callot. Sceglieva gli abiti da far indossare alle sue aristocratiche modelle con estrema meticolosità: rincorreva la femminilità suprema, un’immagine di donna mitizzata che non era alla moda, ma che era la moda. Più rari, ma ugualmente affascinantissimi, sono i ritratti maschili. Il dandy, l’uomo che per innata distinzione è più elegante di chiunque altro, il flaneur, il gentiluomo che assapora la città con un distacco apparente, e si appropria e gode di tutto ciò che la città moderna sa offrire.
Inalterata è la forza dell’impatto visivo che mantengono i suoi grandi ritratti, il fascino attraente, il modernissimo dinamismo delle pose e delle inquadrature, che a tutt’oggi seduce stilisti e fotografi di moda. “Boldini sapeva riprodurre la sensazione folgorante che le donne sentono di suscitare mostrandosi nei loro momenti migliori” diceva un grande maestro della fotografia di moda Cecil Beaton.
Silvia Camerini
Riflessi (Oscar Wilde)
Secondo le teorie estetiche di fine Ottocento, un ritratto doveva essere più di un semplice atto di registrazione. L’artista assurgeva a mediatore sociale, giocando un ruolo strategico nella determinazione dell’immagine e della reputazione del proprio modello. Se il committente poteva scegliere un pittore in voga per raggiungere un preciso risultato stilistico o veicolare un messaggio, a sua volta l’artista selezionava determinati soggetti in base alla loro notorietà al fine di accrescere la propria reputazione. Artista e modello si riflettono dunque l’un l’altro in un gioco di specchi, complici nel processo di auto-affermazione della propria immagine pubblica.
Nell’ultimo decennio del secolo, Boldini alimenta il proprio successo mediante la scelta strategica di ritrarre alcuni celebri protagonisti della scena artistica, culturale o sociale del tempo per esporli alle più importanti rassegne internazionali. Le effigi di questi personaggi acquisiscono da subito l’aura di vere e proprie icone: la donna fatale, emancipata e seduttiva (Lady Colin Campbell, 1894, Londra, National Portrait Gallery); il Dandy (Il conte Robert de Montesquiou, 1897, Parigi, Musée d’Orsay), o l’uomo di genio (James Abbott McNeill Whistler, 1897, New York, Brooklyn Museum). Opere come queste dimostrano quanto il pittore della femme du monde eccellesse nelle raffigurazioni virili; ne è un esempio il vivido ritratto dello scrittore Henri Gauthier-Villars (1905, collezione privata), marito di Colette, ritenuto da molti uno dei «più riusciti e più tipici dell’epoca».
La Diva (Gabriele D’Annunzio)
Alla vigilia della prima guerra mondiale, nel mondo della moda e in quello dell’arte avvengono significativi cambiamenti. Mentre una nuova generazione di pittori si affaccia sulla scena per scardinare le forme e incendiare i colori, le sinuose silhouette floreali che avevano dominato il primo decennio del secolo vengono soppiantate dalle linee rigorose di Poiret, dai pizzi preziosi delle Sorelle Callot, dalle sete plissettate di Mariano Fortuny; un gusto per l’esotico e l’orientalismo diffuso dai Balletti Russi, a Parigi nel 1909, detta le nuove tendenze dell’abbigliamento.
Mentre Proust distilla i ricordi delle atmosfere respirate nei salotti della Belle Époque nel grande affresco letterario della Ricerca del tempo perduto, l’anziano Boldini è ancora sulla cresta dell’onda e documenta i cambiamenti del gusto e rinnova il suo stile per competere con le nascenti avanguardie (Muriel e Consuelo Vanderbilt, 1913, San Francisco, Fine Arts Museums). La pennellata vibrante, materica e sfrangiata dell’artista fissa, in tele «percorse da una scarica elettrica», un’immagine di donna emancipata, disinibita, sicura di sé e del proprio potere di seduzione, che esiste solo per essere ammirata: la Diva. Archetipo delle moderne icone di moda e del cinema, le “divine” di Boldini si stagliano come vere e proprie apparizioni fantasmagoriche cariche di erotismo, con occhi bistrati e labbra languidamente socchiuse. Raffigurate all’ombra di misteriosi cappelli (La Divina in blu, c. 1905-06; La passeggiata al Bois, 1909, Ferrara, Museo G. Boldini), o coronate di eccentrici copricapi (La marchesa Luisa Casati con piume di pavone, 1911-13, Roma, GNAM), si offrono come «grandi fiori viventi che il desiderio [dell’artista] odora e coglie».
Info: tel. 0532 244949 | diamanti@comune.fe.it – www.palazzodiamanti.it