Omaggio ad Antonio Ligabue, artista tra i più straordinari ed emozionanti del Novecento

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Per la 1a volta Bologna ospita la più importante mostra mai realizzata su Antonio Ligabue, uno degli artisti italiani più popolari e più emozionanti del ‘900. 100 opere e un inedito album di disegni, accompagnano il visitatore alla scoperta di un uomo dalla vita tormentata, emarginato dalla società, ma alla ricerca di un riscatto sociale come uomo e come artista.

Palazzo Albergati ospita, dal 21 settembre, la prima grande mostra antologica a Bologna dedicata ad Antonio Ligabue; un rapporto speciale quello tra Arthemisia e Antonio Ligabue, nato nel 2017 con una grande mostra al Complesso del Vittoriano di Roma, seguita da altre esposizioni con grandissimo successo di pubblico e critica, contribuendo alla conoscenza dell’opera di un artista che oggi è tra i più richiesti nel panorama nazionale.

Autoristratto con sciarpa rossa (1952/62)

Attraverso la fortissima carica emotiva delle tele, sarà possibile conoscere la vita di Antonio Ligabue, un artista visionario e sfortunato con una vita travagliata, escluso dal resto della sua gente, legato al mondo naturale e animale e lontano dal giudizio altrui, che riuscì a imprimere sulla tela il suo genio creativo; un uomo, talmente originale, che con la sua asprezza espressionista riesce ancora oggi a penetrare nelle anime di chi ammira le sue opere.
Una storia umana e artistica straordinaria e unica, che negli anni ha appassionato migliaia di persone, tanto da essere diventato addirittura protagonista di film e sceneggiati televisivi, sin dagli anni ’70.

Apprezzato e compreso da importanti critici e studiosi negli ultimi anni della sua esistenza, cadde poi nell’oblio dopo la sua scomparsa. Bollato semplicisticamente come un pittore naif – una definizione che finì per sminuirne il reale valore artistico, portando a non considerarlo adeguatamente – per lungo tempo, Ligabue rimase nell’ombra, una figura di nicchia conosciuta solo da pochi appassionati, ingiustamente trascurato dai grandi circuiti dell’arte. Solo negli ultimi decenni, grazie a un rinnovato interesse da parte di critici e istituzioni, si è compreso appieno il suo valore di artista autentico e originale, pur nella sua eccentricità. Un talento spesso frainteso, che celava una poetica unica e stratificata, in grado di restituire sulla tela tutta la sublime semplicità e drammaticità del mondo naturale.

La mostra bolognese a Palazzo Albergati – presentata da Iole Siena, Presidente di Arthemisia con Francesco Negri curatore della mostra racconta l’uomo e l’artista, valorizzandone sia l’eccezionale talento artistico quanto la sua ricca interiorità e la sua personalità fuori dal comune.
Seguendo una ripartizione cronologica, sono narrate le diverse tappe dell’opera dell’artista a partire dal primo periodo (1927-1939), quando i colori sono ancora molto tenui e diluiti, i temi sono legati alla vita agreste e le scene con animali feroci in atteggiamenti non eccessivamente aggressivi; pochissimi gli autoritratti. Il secondo periodo (1939-1952) è segnato dalla scoperta della materia grassa e corposa e da una rifinitura analitica di tutta la rappresentazione.
Il terzo periodo (1952-1962) è la fase più prolifica in cui il segno diventa vigoroso e continuo, al punto da stagliare nettamente l’immagine rispetto al resto della scena. È densa in quest’ultimo periodo la produzione di autoritratti, diversificati a seconda degli stati d’animo.

Una straordinaria storia umana e artistica, tanto da aver appassionato negli anni migliaia di persone, diventando addirittura protagonista di film e sceneggiati televisivi, sin dagli anni ’70. Infatti, accanto agli oltre 100 capolavori – molti dei quali inediti assoluti quali Lince nella foresta, venti disegni a matita su carta da disegno (1961-62) e diverse opere di grande qualità non esposte da tantissimi anni come Circo all’aperto, Castelli svizzeri (1958-59), Crocifissione e un rarissimo pastello a cera, matita e china su carta, Leopardo e antilope e indigeno – a definire la figura di Ligabue anche uno stralcio del film “Volevo nascondermi” di Giorgio Diritti con la magistrale interpretazione di Elio Germano, uscito nel 2020 dopo il memorabile sceneggiato RAI del 1977 con Flavio Bucci.

La Mostra

Leopardi nella foresta, olio su tavola (1958/59)

Antonio Ligabue emerge come una figura singolare nel panorama artistico italiano del XX secolo. Questa mostra, con oltre 100 capolavori, tra cui alcune straordinarie opere inedite, offre una panoramica completa della produzione di un artista la cui vita e opera formano un intreccio indissolubile. L’esposizione documenta il percorso artistico di Ligabue, caratterizzato da uno stile unico che fonde realismo e fantasia. Le sue opere, contraddistinte da colori accesi e pennellate vigorose, rivelano un universo pittorico intenso, dove la natura e gli animali assumono qualità quasi mitiche.
Un racconto biografico e artistico che si snoda attraverso i temi principali entro i quali si sviluppa l’universo creativo del pittore: le fiere, nelle quali si immedesima riproducendo le movenze e i suoni per riuscire a catturarne l’essenza, gli animali domestici nei quali possiamo riconoscere il suo sguardo, la vita silenziosa dei campi, le carrozze, le troike i postiglioni, antiche iconografie derivate da stampe popolari che decoravano le case dei contadini e infine gli autoritratti, l’estremo tentativo di allontanare la sua condizione di emarginazione.

Cane setter con paesaggio (1954/55)

Cane setter con paesaggio (1954/55)

Questi lavori non solo testimoniano la straordinaria capacità espressiva di Ligabue, ma offrono anche uno sguardo penetrante sulla sua psiche tormentata e sul suo rapporto complesso con il mondo circostante. Attraverso questa mostra esaustiva, il pubblico avrà l’opportunità di comprendere appieno il valore di un artista che ha saputo trasformare le sue esperienze di vita, spesso dolorose, in opere di straordinaria potenza espressiva. L’arte di Ligabue, pur non allineandosi con le correnti dominanti del suo tempo, ha anticipato tendenze successive che valorizzano l’autenticità dell’espressione oltre le convenzioni accademiche. La sua tecnica, apparentemente grezza e istintiva, sfida i parametri tradizionali di analisi critica, invitando a un’esperienza estetica più diretta e viscerale.

Sezioni – I tre periodi di Antonio Ligabue
Nel 1975, in occasione della prima grande mostra antologica di Antonio Ligabue, il critico Sergio Negri propose una suddivisione dell’opera del pittore in tre periodi distintivi, che è diventata un riferimento fondamentale per lo studio dell’artista.

Leone e leonessa (1932/33)

Primo periodo (1927-1939). Le opere di questo periodo mostrano una certa ingenuità tecnica e coloristica. I dipinti sono caratterizzati da colori tenui e diluiti, con un abbondante uso di acquaragia che rende le immagini sfumate. La tavolozza è limitata, con prevalenza di verdi, marroni, gialli e blu cobalto. I temi sono scene di vita agreste e animali feroci, rappresentati con poca aggressività.

Secondo periodo (1939-1952). In questa fase Ligabue padroneggia meglio colore e linea, creando composizioni più complesse e dinamiche. La materia pittorica acquisisce spessore e i toni diventano più caldi. L’artista scopre le diverse tonalità del giallo, che usa frequentemente insieme alla terra di Kassel, al blu di Prussia e al rosso carminio. Egi dipinge senza disegni preparatori, ottenendo figure con una potente espressività grafica.

Uccello con insetto (’54-56)

Terzo periodo (1952-1962). Questo è il periodo più prolifico di Ligabue. Il segno nero intorno alle figure diventa più marcato e continuo, definendo nettamente i soggetti. La tavolozza si arricchisce, includendo giallo limone, terre di Siena, giallo cadmio e bruno Van Dyck e molto bianco di zinco. La periodizzazione di Negri offre una chiave di lettura essenziale per capire l’evoluzione artistica di Ligabue, dalla sua iniziale ingenuità tecnica fino alla piena maturità espressiva.

 

Gufo che assale volatile (1954/56)

Il curatore Francesco Negri
“Sono trascorsi quasi sessant’anni dalla scomparsa di Antonio Ligabue. Da allora, mio padre Sergio
Negri e io ci siamo dedicati alla salvaguardia della sua produzione artistica. Il nostro impegno si è concretizzato nel duro lavoro di autenticazione e archiviazione delle opere, culminato nel 2002 con la pubblicazione del Catalogo generale dei dipinti che raccoglie settecento opere.
Nel corso degli anni, ho proseguito con costanza il compito di “tenere pulito” il mercato di Ligabue,
contrastando l’abbondante circolazione di falsi. A testimonianza di questo lavoro continuo, è la imminente uscita del secondo e definitivo volume del Catalogo generale, che includerà le oltre trecento opere schedate dal 2002 ad oggi. Questo impegno rappresenta per noi quasi un debito morale, nato dal rapporto di fiducia instauratosi quando Ligabue era ancora in vita, tra lui, mio padre – allora giovane studente d’arte – e me, ancora bambino. Il nostro lavoro è sempre stato guidato dalla volontà di studiare e approfondire la conoscenza dell’artista, anche attraverso il sostegno a progetti che valorizzassero le sue opere in esposizioni complete e importanti”.

La motocicletta: il rombo della libertà

Autoritratto con berretto da motociclista (1954/55)

Nel corso della sua vita, Ligabue colleziona undici Moto Guzzi e una BMW, la maggior parte barattate in cambio di quadri. “Quando arrivava alla sera all’osteria – racconta Matilde Marchese, cognata dell’oste – per prima cosa portava dentro la moto, poi l’ammirava tutta, la puliva nelle parti che riteneva sporche e infine la copriva con un plaid di lana”. Portava spesso in tasca la vernice rossa per coprire ogni graffio, con mania quasi ossessiva. Ligabue sfreccia per le piazze e le vie della bassa, fiero e orgoglioso, finalmente libero. “saliva sulla moto e sfidava la nebbia dei viottoli di campagna… perché la testata scoppiettante e calda della Guzzi era l’unica consolazione contro il gelo dell’inverno e l’ostilità imperscrutabile del mondo”, scrive Edmondo Berselli.

Info: +39 051 030141 – www.palazzoalbergati.comwww.arthemisia.it

 

 

In copertina: Semina con cavalli | (1953)

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