Forlì, oggi eccellente città d’arte e cultura, presenta in occasione del ventennale dell’apertura del restaurato Complesso Museale di San Domenico “Il Ritratto dell’artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie”

Maschera fittile di attore da Megara Hyblaea, V secolo a.C., argilla © Parco archeologico e paesaggistico di Siracusa, Eloro, Villa del Tellaro e Akrai – Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi”
La mostra, fino al 29 giugno 2025, analizza dall’antichità al Novecento il tema della conoscenza di sé al mito di Narciso (presente dall’antichità con varianti, narrato tra gli altri da Ovidio nelle Metamorfosi e ripreso a metà ‘400 da Leon Battista Alberti) alle maschere, allo specchio e al disegno del volto fino a giungere al selfie. Oltre 200 opere (in quattordici sezioni) tra quadri, sculture, arazzi, disegni, suppellettili, manoscritti, incisioni, fotografie e video attraversano la storia dell’arte tramite un godibile percorso dell’umanità e degli artisti alla scoperta della propria identità disvelando tanti io. La mostra diretta da Gianfranco Brunelli e curata da Cristina Acidini, Fernando Mazzocca, Francesco Parisi e Paola Refice grazie anche all’allestimento semplice ed elegante dello Studio Lucchi & Biserni permette di incontrare “direttamente” gli artisti che ci hanno donato il bello indagando su cosa hanno voluto (non tutti amano l’autoritratto) e saputo dire di sé, dell’ambiente frequentato, delle atmosfere respirate e di coloro (anche artisti) che hanno effigiato.
Si inizia da Narciso, protagonista di un mito immortale ed emblema dei primi uomini che hanno scoperto i propri volti riflessi in acqua. Ovidio, nel terzo libro delle Metamorfosi, racconta l’inquietante profezia dell’indovino Tiresia a Liriope, madre dello stupendo fanciullo, che curiosa di sapere se suo figlio vivrà a lungo si sente rispondere “se non conoscerà sé stesso”. Ammiriamo il bellissimo e superbo giovane in due dipinti murali (I secolo d.C.) citati come Narciso, Eco ed Eros, nel dipinto in cui Nicolas-Bernard Lépicié rende Narciso (1771) di una perfezione travolgente, in statue ottocentesche dalla bellezza classicheggiante e nell’arazzo di Corrado Cagli che in una natura rigogliosa e dall’acqua vibrante presenta un Narciso (1971) contemporaneo dal corpo modificato dal culturismo.

Jacopo Robusti detto Tintoretto, Narciso alla fonte, 1555 – 1560 circa, olio su tela, © Galleria Colonna, Roma
Persona. Lo specchio, la maschera e il volto presentano una fase importante del percorso. La ‘maschera teatrale’ – in latino “persona” per la sua funzione di fare risuonare (personare in latino), le parole degli attori – cela inoltre la vera identità impersonandone un’altra… (su questo concetto utile rifarci a Pirandello) e in mostra se ne ammirano alcune che esprimono ira, dolore… della Tragedia greca (IV-III secolo a.C.) e della Commedia latina: Seguono specchi finemente incisi e decorati che riflettono immagini speculari: suggestivi e angoscianti diventano simboli del Bene e del Male.
Per Speculum… immagine dell’invisibile racconta il Medioevo con al centro del creato Dio cui l’uomo è subalterno. Non ci sono autoritratti e il lavoro dell’artista è considerato secondario: solo verso il 1000 il suo ruolo comincia a essere riconosciuto nelle corti feudali e il pittore, lo scultore, l’architetto, il miniatore… progressivamente si innalzano da appartenenti alle arti meccaniche a magister nel corso dell’umanesimo rinascimentale quando il centro del mondo diviene l’uomo.
Il Volto nel periodo medievale esprime l’anima e il divino e specchio e volto riflesso creano Allegorie dell’immagine. La prudenza, virtù specchiata, è dipinta da alcuni artisti tra cui dal figlio di Tintoretto Domenico Robusti in Allegoria della Prudenza (1590 ca.) con una figura femminile all’ombra di un albero mentre si ammira nello specchio… lo stesso dicasi per Vanitas e Veritas (altre due Allegorie dell’immagine): Tiziano dipinge Venere (1565 ca.) il cui corpo senza vestiti affascina nella sua elegante compostezza e Candlelight Master (di cui si sta studiando l’identità) rappresenta in modo splendido in Vanitas (1630-1635) una donna con turbante in un gioco caravaggesco di luci e ombre grazie al lume di una candela.

Federico Barocci, Autoritratto, 1590 circa, olio su tela © Gallerie Nazionali d’Arte Antica, Roma
Molto cambia nel ‘400 quando gli artisti si autoritraggono in dipinti sacri e profani “Ad acquistar nome”. L’artista soggetto narrante compare nelle opere come Giovanni Bellini che nella Presentazione al Tempio (1475 ca.), riferendosi forse a un evento religioso familiare, un battesimo, dipinge il suo Autoritratto nel giovane con il mantello rosso. Anche nell’immagine della Vergine si può individuare il profilo di sua moglie Ginevra.
Nel ‘500, “Ad acquistar nome” i pittori, inserendo l’immagine di sé tra gli uomini illustri, fanno sì che ritratto e autoritratto si sviluppino sempre più come attestano l’Autoritratto con spinetta (1555 ca.) della giovane Sofonisba Anguissola, sobria nell’abito e priva di gioielli, l’intrigante Doppio ritratto (1522-1523 ca.) del Pontormo e il Ritratto di Lucas Cranach il Vecchio all’età di 77 anni (1550), ancora vigoroso e tuttavia inquieto, dipinto dal primogenito Lucas Cranach il Giovane.
Nel ‘600 l’autoritratto rappresenta l’artista nella propria bottega sovrapponendo arte e vita e se ne rileva l’evoluzione da intellettuale cortigiano e cantore del potere a intellettuale gentiluomo come evidenziato nei Ritratti della sezione Trasfigurazioni dell’artista.
Nel Gran teatro nel mondo gli autoritratti divengono più ricchi di contenuti psicologici come nell’Autoritratto (1612 ca.) del giovane Bernini dallo sguardo vivace e soddisfatto, in quello (1602-1603 ca.) del giovane Procaccini con gli strumenti del mestiere, lieto per avere scelto la professione giusta e nei quattro Autoritratti (da 1633 al 1639) di un Rembrandt compiaciuto di sé.

Il Ritratto dell’Artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie, Allestimento, Museo Civico San Domenico, 2025. ©Ph. Emanuele Rambaldi
Nel ‘700, L’autoritratto è indeciso tra il bello ideale e il sentimento del sublime come mostrano tra gli altri l’autoritratto di Goya tra il serio e il faceto, elegantemente abbigliato e con cilindro in testa e quelli in marmo idealizzati di un Thorvaldsen determinato e di Canova dalla bocca socchiusa a significare l’amabilità del tratto.
Nell’Ottocento l’autoritratto sfuma nella modernità romantica e nasce il mito dell’artista eroe solitario e profeta dell’arte. A cavallo tra ‘700 e ‘800 François-Xavier Fabre con il Ritratto di Vittorio Alfieri e di Luisa Stolberg, contessa d’Albany (1796) celebra il poeta Alfieri strenuo difensore della libertà. Autobiografie. Le passioni e la storia presentano numerosi autoritratti: Ingres, Giuseppe Bezzuoli, Hayez, Fattori… Dal Romanticismo al linguaggio segreto dei simboli ancora Autoritratti: Léon Frédéric, Juana Romani, Oskar Zwintscher, John Singer Sargent…
Nel ‘900, secolo complesso e tormentato da guerre e culturalmente, si dispiegano diverse sfaccettature. Ricompaiono i miti e specchio e maschera tornano quali figure del doppio. Compare un nuovo Narciso nello specchio del Novecento: si guarda nel nostro tempo e non si riconosce. L’artista nel tentativo di conoscersi e farsi conoscere si frammenta, diventa enigma e mostro a cominciare dall’Autosmorfia (1900) – icona della mostra – con cui Balla esplora le potenzialità espressive del volto umano, per finire con Sciltian.

Il Ritratto dell’Artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie, Allestimento, Museo Civico San Domenico, 2025. ©Ph. Emanuele Rambaldi
La mostra termina con Il volto e lo sguardo con i relativi misteri. Tra gli altri Pistoletto con L’uomo nero, autoritratto del 1959, e Marina Abramović, pioniera dell’arte performativa, che esibendosi in “prove silenti” di contemplazione cerca di trovare equilibrio ed energia necessari per amplificare la percezione e raggiungere così una forma di felicità.
Percorrere la mostra con lentezza permette di riflettere sulla corrispondenza tra il cammino dell’umanità verso il conoscersi e il rivelarsi agli altri e quello analogo del singolo individuo nel suo percorso esistenziale.
Immagine in apertura: Giovanni Bellini, Presentazione di Gesù al Tempio, 1460, tempera su tavola, Venezia, © Fondazione Querini Stampalia