La storia del torrone è antica e coincide con la capacità umana di selezionare ingredienti genuini e semplici per realizzare questo piccolo grande concentrato di sapori e di sapienza che crea subito l’atmosfera natalizia
C’era una volta il S. Natale. Non che il Natale sia scomparso, anzi, ma è largamente scomparso in questi ultimi decenni il “santo”, cioè il senso profondo e religioso della festa, sostituendo l’obbligo di consumare alla gioia per la nascita del Redentore di noi tutti. L’albero scintillante di luci e circondato dai pacchi con i doni è divenuto il simbolo di questo “nuovo” Natale, relegando in secondo piano il Presepio con i suoi contenuti di religiosità, umanità e speranza. Chi scrive ha vissuto i suoi primi Natali negli anni quaranta e cinquanta del Novecento in un Paese povero e devastato da una guerra inutile e suicida voluta da un autocrate irresponsabile. In quegli anni per noi bambini e ragazzini simbolo della festa era anche il ‘canestro’ ricco di quei prodotti che si gustavano solo a Natale e su tutto troneggiava il torrone, il più atteso e desiderato insieme al panettone.
Quando e dove nasce il torrone?
Come accade per quasi tutti i cibi tradizionali sono molte e divergenti le ipotesi di dove e quando è stato creato un prodotto simile a quello che oggi troviamo sulle nostre tavole, e che comunque muta insieme ai nostri gusti e all’evoluzione della società. Il torrone in una tipologia come quella che noi conosciamo ha un nome, una data e una ricetta: Cremona, 1441. E poco importa se ha antenati in qualche altro angolo del nostro pianeta: il torrone, infatti, ha la particolarità (che lo rende quasi unico) di essere presente con nomi e ingredienti simili a quelli odierni in Paesi tra loro lontani e forse ignoti.
A Cremona, il 25 ottobre 1441, nell’abbazia di San Sigismondo si celebra il matrimonio tra Francesco Sforza, famoso e ricco capitano di ventura, e Bianca Maria Visconti, figlia illegittima (poi legittimata) di Filippo Maria Visconti, duca di Milano. Fidanzamento lungo poiché il Visconti per avere i servigi dello Sforza gli promette la figlia in sposa con in dote le città di Cremona e Pontremoli, ma Bianca Maria aveva sei anni. Il matrimonio seguendo gli altalenanti rapporti tra il Duca e il condottiero che non si fidano l’uno dell’altro avviene circa dieci anni dopo nei quali la povera Bianca Maria è promessa altre due volte allo Sforza e almeno altrettante a potenti la cui amicizia interessa al padre. Ovviamente a Cremona è festa grande e per omaggiare gli sposi si crea un dolce con un impasto di mandorle, miele e albume d’uovo (la ricetta ancora oggi del classico torrone cremonese) cui vien data la forma del ‘Torrazzo’, la torre campanaria che affianca il Duomo (la più alta in muratura d’Europa): da qui il nome torrone.
La Festa del Torrone
Avvenimento che viene annualmente celebrato a Cremona con la Festa del Torrone – un’immersione nella cultura e nella storia della città e del suo territorio – che affianca a un’affascinante rievocazione del matrimonio e a uno splendido corteo storico in costumi rinascimentali (da solo meriterebbe un viaggio a Cremona, ma poi c’è anche… Un’esaltante cucina da assaporare) la possibilità di approfondire le differenze tra torrone industriale e artigianale (a Cremona operano alcune aziende leader in entrambi i settori), erudendosi sulle caratteristiche del torrone delle varie regioni. Naturalmente le aziende locali sono protagoniste:
da Sperlari che offre una serie di varianti finalizzate anche a destagionalizzare il prodotto come Il sottile, una ottima “tavoletta” di torrone, a Vergani che insieme alle varie delizie e ai torroni tradizionali ha presentato i Nougat e i Bautino (originale cioccolatino di torrone), alla Rivoltini Alimentazione Dolciaria – azienda artigiana dal 1928 impegnata a tramandare le tecniche tradizionali – che ha affiancato le varie declinazioni del torrone classico (un’esperienza da ricercare) con gustose novità come i Morbidini, un dolce diverso ma con le caratteristiche di alta qualità proprie dei suoi torroni… Comunque tutti i produttori presenti meritano di essere conosciuti per il loro impegno a preservare e diffondere l’arte del torrone di Cremona che affianca quella liutaia (costruzione degli strumenti a corda) che ha in Cremona un riferimento mondiale: impossibile lasciare la città senza visitare il Museo del violino con i suoi Stradivari.
Brevi cenni storici sulle origini del torrone
Premesso il ruolo di Cremona nella storia e nella diffusione di questo splendido dolce e che prodotti simili sembra fossero conosciuti in Grecia e a Roma e utilizzati per il loro contenuto energetico da atleti (Grecia) e soldati (Roma), occorre ricordare che secondo alcune fonti (basate principalmente sul trattato dell’XI secolo De medicinis et cibis semplicibus di un medico arabo che parla del turun) anche il torrone rientra tra i segni di civiltà donatici dagli Arabi che lo avrebbero introdotto in Sicilia, in Spagna e in tutti i Paesi da loro occupati. Secondo un’altra ipotesi l’origine è in Cina da dove provengono anche le mandorle. In Spagna la prima testimonianza scritta è in Catalogna e risale al 1221, e poi compare in ricettari del XIV secolo. Il turrón (come era chiamato) era prodotto oltre che in Catalogna anche nel Regno di Valencia (la regione valenciana è ancora oggi il maggior produttore specialmente a Jijlona dal XV secolo).
Varietà e varianti
In una società in cui è necessario creare sempre prodotti diversi per sostenere i consumi, la ricetta tramandata come originale (miele, mandorle, albume d’uovo e zuccheri) ha subito infinite variazioni (alcune determinate dalla cultura o tradizione locale) pur restando invariate le principali componenti. Oltre all’utilizzo di nocciole (nocciolati) o mandorle (mandorlati), le varietà sono dovute al diverso grado di durezza e derivano principalmente dalla durata della cottura dell’impasto: più la cottura è lunga, più il torrone è duro (in alcune tipicità regionali la cottura può raggiungere anche le 12 ore). Se invece un torrone è croccante ma non duro è definito friabile. Per un torrone morbido l’impasto deve raggiungere le 3 ore di cottura, se si ferma a meno di 2 si ottiene la variante tenero. Altro fattore influente è il rapporto tra miele e zuccheri che varia con la tipologia dello zucchero utilizzato.
Nel mondo delle varianti la più comune è rivestire il torrone classico con cioccolato o fondente o al latte. Quelle più interessanti derivano da tradizioni locali: tra queste l’IGP attribuita al torrone italiano (in Europa sono due, l’altra è in Spagna per il duro Turrón di Alicante e il morbido Turrón di Jijona): di Bagnara Calabra in cui cacao amaro, oli essenziali e spezie in polvere sono aggiunti a mandorle tostate, miele, zuccheri e albume d’uovo. Ne esistono due versioni in base alla copertura: di zucchero in grani (Martiniana) o di cacao amaro (Torrefatto glassato). Tra le altre varianti si possono ricordare in Abruzzo la variante aquilana che prevede il cacao nell’impasto, a Caltanissetta il torrone tipico è ottenuto da un impasto di miele, mandorle e pistacchi, in Piemonte, specie nelle Langhe prevale l’uso delle nocciole e in alcune ottime produzioni artigiane trionfa la presenza di tartufi dolci e rum.
Nel Beneventano – che rivendica una tradizione che risale all’epoca romana come testimoniato da Tito Livio descrivendo tra le cinque specialità gastronomiche del Sannio la cupedia (leccornia) – accanto all’impasto classico, in cui a volte si sostituisce la nocciola alle mandorle, esistono varianti dovute a particolari realtà come la produzione di Alberti che presenta una versione “Strega”. In Barbagia (Sardegna), gli elementi base sono legati alla realtà locale: miele di montagna, noci e nocciole. Il torrone sardo ha una particolarità comune a tutte le produzioni dell’isola: è di colore avorio anziché bianco per l’utilizzo soprattutto di miele di macchia mediterranea e poco o niente zucchero; l’impasto dona al torrone una maggiore morbidezza e un aroma più intenso.
Infine nella ricerca di rendere il torrone un dolce da consumare tutto l’anno (in fondo un ritorno alle origini più antiche), molti produttori artigianali, ma anche industriali, utilizzano anche scorze di limone o arancio, pinoli, frutti di bosco …ottenendo dolci gradevoli al palato e alla vista.
Il torrone nel mondo
Ovunque sia stata creato, il torrone ha avuto una diffusione universale (ovviamente nei limiti delle conoscenze geografiche e delle comunicazioni esistenti): per esempio in tutti i Paesi in cui si è avuta una presenza araba anche limitata esiste nella sua ricetta classica. Allontanandosi dal Mediterraneo, lo si trova soprattutto nei Paesi che hanno subito una presenza spagnola come Cuba, Portorico, Perù e Filippine. Naturalmente la ricetta base è stata “contaminata” da ingredienti locali senza però essere tradita, così come anche la denominazione è un adattamento della parola torrone alla lingua del Paese.
La cultura del torrone in alcuni Paesi è talmente sentita da dar vita a musei tematici (a volte arricchiti da parchi giochi) come in Spagna a Jijona (vicina ad Alicante), in Francia a Montélimar, in Germania a Smalcalda (in Turingia) e persino a New Taipei (Taiwan). In Italia in alcuni centri famosi per la produzione del torrone come Tanara (Nuoro) esistono spazi museali su iniziativa di produttori illuminati. Alcune aziende come Rivoltini a Vescovato (Cremona) accolgono (previo avviso) gli appassionati per una visita (con eventuale degustazione) al laboratorio e alla sua storia.
C’è da chiedersi perché il torrone abbia un riferimento natalizio. Tra le varie ipotesi, la più attendibile sembra quella legata al periodo di maturazione delle mandorle (ma anche di nocciole e noci) che è tra agosto e settembre: considerando i tempi necessari all’eliminazione del mallo e alla loro essiccazione si arriva a novembre per la lavorazione, quindi Natale è il primo momento solenne in cui gustare la delizia.