Per un wine lover il modo migliore di utilizzare le ferie è compiere un viaggio degustando in loco i vini delle cantine più amate: non solo le ‘chicche’ con cui celebrare occasioni speciali, ma anche i prodotti da bere tutti i giorni senza fare un leasing. Il sogno per molti anni rimasto nel cassetto – sacrificato al rito assolato e un po’ noioso del mare o al viaggio in un Paese estero – si è miracolosamente avverato grazie soprattutto al coinvolgimento della moglie fresca di un corso da sommelier e di figli non Coca Cola dipendenti.
Stabilito che questa era (finalmente!) l’estate del vino, la maggiore difficoltà è stata scegliere vini e cantine in una realtà enologica caratterizzata da circa 350 vitigni autoctoni – cui aggiungere quelli ‘internazionali’ – e oltre 500 vini a denominazione protetta. Le diverse tappe dovevano inoltre essere definite anche nell’ottica di un viaggio pluritematico incastonando la visita alle cantine in un contesto paesaggistico e di scoperta di quei tesori artistici che abbondano in quell’Italia che solo la pigrizia di molti operatori turistici definisce ‘minore’.
Per la selezione delle cantine è stata – ovviamente – fondamentale la frequentazione del Vinitaly che ogni anno offre una montagna di sensazioni dovute a novità eclatanti, ad annate che permettono di capire l’evoluzione dovuta all’invecchiamento o a vini che si rivelano di grande interesse e qualità (anche in riferimento al prezzo) pur non rientrando nel gotha dell’enologia.
In Alto Adige la più affascinante Strada del Vino
Il viaggio nella memoria delle emozioni non poteva non iniziare dedicando almeno un paio di giornate all’Alto Adige e alla sua straordinaria Strada del vino che si sviluppa per 150 km da Nalles a Salorno, tra splendide vallate e montagne (spesso arricchite da castelli che raccontano antiche storie) rese ancora più belle da 4249 ha di vigneti (sui 5.200 del Sud Tirolo) testimonianza che l’uomo, se vuole, può migliorare la natura e non distruggerla. Circa 70 cantine tra piccoli poderi, viticoltori indipendenti e famose cooperative traducono i tre vitigni autoctoni di riferimento (Schiava, Lagrein e Gewürztraminer) in vini unici e ‘d’autore’.
Rinviando ad altra occasione il fermarsi in tutti i 16 comuni vinicoli della Strada ho scelto per iniziare il ‘pellegrinaggio’ Termeno – paese originario del Gewürztraminer – con due tappe di grande livello.
La prima è da Elena Walch alla ricerca delle emozioni provate nelle degustazioni al Vinitaly. Rimaste vive nella memoria e nel desiderio, sono state superate da quelle provate ammirando Vigna Kastel Rongberg e Vigna Kastelaz: ettari di splendidi filari – testimonianza di un corretto rapporto con l’ambiente – che dominano rispettivamente il bel lago di Caldaro e il paese di Tramin. Per non parlare della sede: un castello rinascimentale (eretto dagli Asburgo nel 1620) che con la sua austerità sembra vegliare su uomini e vigneti. Tra i molti (tutti splendidi e con un ottimo rapporto qualità/prezzo) vini degustati cenno particolare merita Per sé ‘Lago Caldaro classico superiore’ (esordiente al Vinitaly 2019 e che al concorso dell’uva Schiava è stato premiato quale miglior Lago di Caldaro), un vino rosso spensierato e che dà allegria, innovativo rispetto al tradizionale utilizzo del vitigno essendo frutto di una resa limitata in vigna e di un’accurata selezione dei singoli grappoli. Della Vigna Kastelaz occupa un posto particolare nel mio cuore il Gewürztraminer, un nettare di grande finezza e carattere, elegante, caratterizzato da una freschezza armoniosa e speziata e con un finale intensamente aromatico: meritatamente ha collezionato dai più qualificati esperti di tutto il mondo punteggi sempre superiori ai 90 punti su 100, spesso avvicinandosi al massimo.
La Cantina Tramin è una di quelle realtà cooperative che in Alto Adige sono sinonimo di qualità. Fondata nel 1898, è formata da piccoli proprietari coltivatori ed è tra le cantine più premiate del nostro Paese e apprezzata in tutto il mondo per il bouquet inebriante che caratterizza i suoi vini volti a interpretare – pur con diversi gradi d’intensità – il territorio. A Vinitaly avevo gustato in un banco assaggio dedicato ai 22 vini già premiati con il massimo riconoscimento dall’Ais il Gewürztraminer Nussbaumer 2016 conservando il ricordo di un eccezionale bouquet e di una notevole successione di sensazioni in bocca, ma in Cantina sono rimasto affascinato da Epokale (nell’edizione 2009 ha ottenuto – primo vino bianco italiano – il punteggio di 100 /100 da Robert Parker) che propone in chiave moderna la tecnica dell’alto residuo zuccherino abbandonata in Alto Adige da circa due secoli. Epokale – ottenuto da due vecchi vigneti vicini al maso Nussbaumer – affina lentamente in bottiglia a oltre 2000 m. di altitudine nella miniera di Monteneve in Val Ridanna ed è di notevole struttura, profondo, minerale, elegante, di grande armonia e l’importante residuo zuccherino è bilanciato da notevole freschezza. Essendo una vendemmia tardiva è ottimo con i gustosi e nutrienti dolci locali e con formaggi tipo Taleggio, ma amerei seguire il consiglio di accompagnarlo a un piatto di cervo cucinato secondo la tradizione tirolese.
Prima di lasciare Termeno per raggiungere Appiano, una sosta alla Distillerie Roner non poteva mancare. Le sue radici sono nella tradizione contadina, presente in tutto l’arco alpino, di distillare: nel 1946 Gottfried Roner inizia la propria avventura con un alambicco nella casa di famiglia. I primi successi innestano un processo di espansione (sempre caratterizzato da grande qualità) che ha reso la Roner un’azienda importante a livello internazionale. Tra i fiori all’occhiello una straordinaria collezione di grappe (monovitigno, riserve, invecchiate…), i liquori a base genziana, ginepro, mirtillo, l’amaro K32, il Gin, il Rum e la novità presentata al Vinitaly di quest’anno: il Vermuth (GW bianco e KS rosso) interpretando la tradizione piemontese alla luce dei vini e degli aromi del Sud Tirolo.
Ad Appiano ci attende un mito dell’enologia sud tirolese: la Cantina Produttori San Michele Appiano. Fondata nel 1907, è un’altra realtà in cui la collaborazione tra i produttori associati (attualmente 340 per una superfice vitata di 380 ha) ha puntato al più alto livello qualitativo raccogliendo riconoscimenti ovunque nel mondo. Famosa per i ‘bianchi’ (come non ricordare l’immenso Appius?), la Cantina (che ovviamente produce anche ottimi ‘rossi’ come i Lagrein e Pinot Nero Sanct Valentin) ha presentato al recente Vinitaly un eccezionale Pinot Nero 2015 che è entrato a far parte della The Wine Collection (linea che presenta la massima espressione di un monovitigno) affiancando le due memorabili interpretazioni del Sauvignon blanc (2015 e 2016). Il Pinot Nero – che il winemaker Hans Terzer considera il più nobile dei borgognoni – è un vitigno molto difficile ma impareggiabile nel dar vita a vini eccezionali, specialmente quando è coltivato in terreni particolarmente vocati e curato in modo quasi maniacale. Le uve da cui è ottenuto il Pinot Nero TWC provengono da due vigneti dell’Oltradige settentrionale con un particolare microclima: il meticoloso e appassionato lavoro in vigna e in cantina le trasforma in un nettare sontuoso, corposo, avvolgente, di grande armonia e persistenza e con straordinarie e complesse sensazioni olfattive. Un Pinot Nero pari alle migliori espressioni borgognone.
Per chi ama anche la buona tavola non era possibile allontanarsi da Appiano senza una sosta golosa al Ristorante Zur Rose (stella Michelin e con un grande rapporto qualità/prezzo). Il ristorante è in un palazzo del XII secolo che dal 1585 ospita ininterrottamente locali adibiti alla ristorazione: il primo è stato Zur Rothen Rose. Il patron/chef Herbert Hintner (dal 1995 stellato Michelin) fedele al principio che con le mode occorre andarci piano (pur conoscendo e utilizzando le nuove tecniche e avendo passione per la ricerca) è un cultore delle erbe aromatiche e del cibo sano ed etico e crea splendidi piatti della tradizione altoatesina, come la zuppa di vino, il cervo nostrano con crosta alle spezie o la frittata soffiata alle mele, la cui degustazione al palato e all’olfatto è fonte di emozioni che restano indelebili nella memoria così come l’accoglienza, l’atmosfera e l’affascinante, romantica stube.