Alla scoperta dell’Argentina del nord, con i mitici paesaggi delle Ande

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Molti, specie quelli che hanno superato gli “anta”, ricordano le Ande per avere letto il libro Cuore. Altri pensando all’Argentina hanno presente l’immagine del gaucho solitario a cavallo nella pampa sconfinata, oppure di due ballerini avvinghiati in un tango sensuale. Troppo riduttivo per un paese all’ottavo posto per estensione al mondo e grande oltre nove volte l’Italia, dove trovano posto le più alte vette del continente americano con enormi ghiacciai e, al tempo stesso, le coste meridionali bagnate da ben tre diversi oceani, Atlantico, Antartico e Pacifico, popolate da pinguini, leoni marini e balene, fino ad Ushuaia, nella Terra del Fuoco, la città più meridionale del pianeta. Non c’è l’argento, che i conquistadores spagnoli sognavano di trovare ed a cui si deve il nome, ma per quanto riguarda ambiente, clima e natura si tratta certamente della nazione sudamericana più varia, oltre a possedere la terra più fertile, quella dove pascolano i celebri manzi esportati in tutto il mondo.

Nel Norte al confine con Cile e Bolivia, l’altitudine spazia dai 300 metri della pianura ai 3-4 mila della Puna, il grande altopiano ai piedi della Cordigliera Saltegna, fino agli oltre 6 mila delle vette andine.  Il paesaggio si presenta decisamente vario: oasi di lussureggiante vegetazione, con piantagioni di canna da zucchero, vigneti, uliveti e agrumeti attorno alle principali città di Salta e Jujuy,  fino ai deserti aridi spazzati da venti gelidi e bruciati dal sole dell’altopiano della Puna de Atacama, solcato da profondi canyon in un paesaggio lunare punteggiato da possenti cardon,  gli ieratici cactus a colonna.

I pochi abitanti (mestizos), vivono in bianchi pueblos fuori dal tempo e dal mondo, allevando capre, pecore, lama, guanachi e vigogne. Eppure questa terra all’apparenza inospitale è la patria, a partire fin dalla lontana preistoria, dell’antica civiltà precolombiana dei Calchaquies, sottomessa prima dagli Incas e poi dagli Spagnoli, come attestano ancora i resti di numerosi pucaràs, città fortificate.

Perché nelle profonde vallate che scendono, incidendoli, da montagne e altopiani andini, i corsi d’acqua consentono da sempre un modesto sviluppo di agricoltura e di allevamento del bestiame. L’allevamento di lama e alpaca, animali d’alta quota per eccellenza, dove l’ossigeno si fa raro, costituisce proprio un retaggio dell’antica civiltà locale. Il tutto sempre sotto un cielo blu cobalto, raramente macchiato da qualche nuvola.  Un terra dura e difficile, ma anche intrigante e dispensatrice di profonde emozioni, a torto ignorata dal turismo. Visitare questa terrà è un itinerario che fa conoscere alcuni dei paesaggi più spettacolari  delle regioni andine dell’Argentina del Nord.  Da Salta, la più bella città di stile coloniale del paese, con pregevoli palazzi settecenteschi e chiese barocche, si lascia alle spalle la foresta subtropicale e i campi coltivati, cominciando ad arrancare lungo ripide strade a tornanti verso le massime altezze, capaci però di offrire spettacoli inimmaginabili.

In questa regione si trovano infatti alcuni degli ambienti naturali più belli delle Ande: la Quebrada de Humahuaca, canyon dai mille colori protetto dall’Unesco, i grandi salares, resti salini di antichi laghi, le inaspettate formazioni glaciali nel deserto d’alta quota, lagune con fenicotteri rosa, miniere di zolfo dai colori psichedelici, le scenografiche formazioni del deserto rosso, coni vulcanici nerissimi, branchi di vicinas, sconosciuti siti archeologici Incas, graziosi pueblos dove la vita sembra essersi fermata, in una natura grandiosa, selvaggia e incontaminata, come nel Parco nazionale dei Cactus. Non può mancare la visita a Buenos Aires, la più europea delle capitali sudamericane, la città di Papa Francesco.

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