Marsiglia: un caotico, affascinante zibaldone di culture antichissime, greche in embrione e quindi turche, poi di Cartagine, Nord Africa ed altre, fino a divenire francese, e dei francesi. Un popolo, quello francese, fedele alla sua terra, attaccato ai suoi usi, gelosissimo della propria lingua, dei costumi e delle sue cose. Marsiglia non fa eccezione ed è una città grande, paradossale, innovativa, moderna, radicata e autarchica. Di qui partiamo per dirigerci verso ponente, giusto un poco. Abbandonata l’enorme area portuale un po’ torbida ed odorosa di traffici di portata mondiale, ci avviciniamo ad una zona che nulla ha a che vedere col rumore e la confusione inevitabili in un grande porto. Attraversiamo il Rodano lì dove il fiume si appresta ad incontrare il mare e davanti ai nostri occhi si spalanca il delta, verde e paludoso: abbiamo messo piede in Camargue. #FranceFR
Lingue di terra si insinuano tra le acque salmastre che creano specchi lucenti, a loro volta alternati ad una vegetazione, piuttosto che boschiva, di foresta, offrendo delle istantanee su natura barbara e vasti orizzonti di particolare suggestione. La vita e il lavoro della gente della Camargue è scandita dal corso del fiume. La gente vive la natura, con la natura e nella natura.
In Camargue si allevano i tori, bruni e solenni, che pascolano nelle praterie fin sul ciglio delle bianche strade secondarie. Sono governati da uomini a metà tra allevatori e domatori: sono come butteri maremmani, ma in salsa quasi texana – blue jeans, stivali e cappelli da Mezzogiorno di Fuoco – che si muovono a cavallo. I cavalli, in questa terra, hanno un ruolo importante, da protagonisti. Molti sono bianchi, o leggermente pezzati, e si possono osservare, attorno alle vie minori del grande delta, da piccoli balconi e da postazioni in legno costruite ad arte, proprio per questa ragione d’osservazione, e può capitare di vederli correre, liberi, sulla grande spiaggia di Piemanson tra sabbia e mare, tra schizzi e polvere.
Piemanson è un vasto lido periferico della terra carmaguese che rispetto al paesaggio circostante costituisce un elemento di discontinuità. Si tratta infatti di un vasto manto di sabbia sul quale, nella buona stagione e non solo, numerosi viandanti si accampano e danno tregua al loro itinerare per ammirare il mare senza null’altro attorno, proprio niente, poiché non pochi chilometri separano questa spiaggia dalla vegetazione della Camargue. Si frappongono le imponenti saline, che meritano più di uno sguardo, canali naturali ed ampie baie, figlie del delta, distese di acque salmastre, miscele di mare e di fiume, popolate da altri primi attori di questa terra fantastica: i fenicotteri. In livrea rosa, centinaia di esemplari si offrono alla nostra vista un po’ ovunque; meglio all’alba, quando si specchiano nelle acque basse di bordo riva confondendosi col riflesso del sole o al tramonto. Eleganti, ritti su una zampa sola, a collo reclinato, così come in allerta. Spiccano voli spettacolari in stormi, disegnando il cielo da una parte all’altra.
Tanta e così ragguardevole natura ha comunque un suo centro di riferimento urbano, un suo fulcro, e si trova sul mare, al finire dell’unica strada che mena da Arles a Saintes-Marie-de-la-Mer, e divide a metà la Camargue. Un gruppo di case bianche adagiate sugli ampi lidi, con i tetti rossi: di nuovo si respirano arie ed influenze greche, liguri ed andaluse. Tra i vicoli si incontrano quelli che lavorano in una moltitudine di negozietti i quali, seppure con decoro, a volte sacrificano in parte la tradizione in nome del “prodotto turistico”, ma alla fine è un peccato veniale. Rimaniamo piacevolmente impressionati osservando gli artigiani del cuoio che creano gli stivali da indossare per cavalcare e i cinturoni che si stringono in vita con grosse fibbie da cowboy. Nella Camargue, come dicevamo, si vive di natura, ma all’imbrunire ecco il momento per vedere la cittadina che, specie nella bella stagione, è animata da un turbillon di turismo e viaggiatori, sotto una luce diversa: quella che illumina il senso godereccio della vita. Sulla promenade uno stuolo di piccoli ristoranti fa bella mostra di sé con i tavoli all’esterno e non sarà difficile gustare squisito pesce bon marché, annaffiato dal rosé della Provenza, non così distante.
Musica, luci ed un’atmosfera di festa avvolgono Saintes-Marie-de-la-Mer che, a guardarla dall’alto, appare isolata dal resto del mondo, protetta alle spalle dall’intera macchia selvaggia della Camargue e orlata e racchiusa, sul davanti, dalla vastità del mare. #FranceFR
Per info: www.france.fr – www.provenzafrancia.it/camargue/
Testo e foto di Federico Garavaglia