La bellezza senza tempo delle isole Lofoten in Norvegia

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Un tempo erano i Vichinghi a spadroneggiare lungo le coste frastagliate di fiordi e disseminate di isole dell’arcipelago delle Lofoten, al Circolo Polare Artico. Oggi ci sono i Sami, nomadi animisti dalle bluse multicolori e dai caratteristici copricapi, che da millenni vivono di caccia, pesca e del commercio di pelli e allevano renne.

Sei isole grandi cinque volte l’Elba, collegate tra di loro da una serie di arditi ponti e da centinaia di isolotti disabitati, le Lofoten costituiscono una delle ultime terre emerse prima dei ghiacci polari. Nonostante la latitudine artica, il clima risulta moderatamente temperato grazie all’influenza esercitata della calda corrente del golfo, tanto da permettervi insediamenti stabili fin dalla preistoria.

C’è un luogo a Bodø, prima città del Circolo Polare Artico riconosciuta Capitale Europea della Cultura 2024, che va visto da chi decide di scoprire la bellezza senza tempo delle isole Lofoten, dove mare e cielo s’intrecciano nella luce dorata del sole di mezzanotte. E’ il Jekt Trade Museum, dove è esposta, in grandezza originale, l’Anna Karoline, l’antica barca costruita nel 1876, usata per trasportare lo stoccafisso ai porti norvegesi. Il museo racconta la dura vita dei “pionieri” del mare che con i “Jekt” (nome locale delle imbarcazioni) trasportavano tonnellate di stoccafisso. Dal basso si nota l’imponente e robusta chiglia; mentre dall’alto si vede la stiva aperta a tutto carico e il grande albero per l’unica vela. Il museo è legato alla storia del patrizio veneziano Pietro Querini e del suo equipaggio. Partiti su una caravella nel 1432 da Candia (Creta), per portare Malvasia e spezie nelle Fiandre, furono trascinati da una violenta tempesta al largo del Mare del Nord dove, dopo giorni in balia delle onde, naufragarono alle Lofoten.

Da Bodø, con un traghetto (quattro ore) si arriva a Røst, la più meridionale e caratteristica delle isole: 450 abitanti su dieci kmq, circondata da oltre trecento isolotti. Dall’alto della torre Ettertanken,  del vecchio acquedotto, recuperata con spazi per la meditazione, si ha una vista mozzafiato a 360 gradi. Qui la natura è ricca di contrasti e sorprese. Dal particolare campanile della chiesa protestante che “custodisce” un dipinto dalla storia curiosa, ai colori rosso e bianco delle caratteristiche e ordinate casette in stile  Nordland e dalle grandi rastrelliere dove sono messi ad essiccare, per circa quattro mesi, migliaia e migliaia di merluzzi che poi diventano stoccafissi e, quando arrivano in Veneto, bacalà. “Un’attività – spiega Olaf Johan Pedersen, maker manager Italy, Consorzio di tutela del Tørrfisk Lofoten Igpche vede coinvolte nella conservazione e lavorazione una settantina di aziende. Ogni inverno sono pescate decine e decine di tonnellate di merluzzo. Lo stoccafisso viene esportato in quasi tutto il mondo per un fatturato finale di quasi 300 milioni di corone”.

L’amenità del paesaggio di Røst invita a scoprirne la storia oltre che la bellezza naturale: le impronte archeologiche che raccontano dei primi insediamenti di  cacciatori e pescatori datati 5000 anni fa, di grotte marine con pitture rupestri. I cumuli colonici ricordando i resti di fattorie medioevali. Fu probabilmente il filo di fumo che si alzava dalle fattorie Ystnes e Brasen ad essere descritto nel diario di Pietro Querini.

Con veloci Rhih si arriva all’isoletta dove naufragarono i veneziani.  Si giunge sfrecciando sopra le onde increspate e zizzagando fra i vari isolotti abitati solo da foche, gabbiani, facendo levare in volo la Pulcinella di mare (specie protetta), dal becco triangolare di colore rosso, zampette arancioni ed una curiosa livrea piumata bianca e nera che la rende simile ad un pinguino. Lo sbarco all’isolotto Querini, per un veneto riempie di orgoglio ed emoziona. Nel verde, spiccano le tipiche casette rosse, un tempo usate dai pescatori. Oggi, completamente ristrutturate, sono le case di vacanza dei norvegesi o affittate a turisti che vogliono godere della natura, dei silenzi e dei magici colori che solo in questa parte del Circolo Polare Artico si possono trovare. La stele che ricorda Querini, eretta nel1934, nel punto più alto dell’isola, suggella il gemellaggio tra le Lofoten con il Veneto, in particolare Sandrigo (VI). Dovrebbe essere il punto di partenza o di arrivo della Via Querinissima, che avrà il sigillo del Consiglio d’Europa nel 2025. E’ una rete che coinvolge enti locali, scuole, turismo, marketing. Un progetto a cui da anni sta lavorando Stefano Agnoletto, project leader della Via Querinissima. “Stiamo molto determinati – spiega Elisabeth Milkasen, sindaco di Røst, che sarà a Sandrigo a settembre, in occasione del Festival del Bacalà –  ad incrementare il turismo sostenibile. Pensiamo a diverse facilitazioni, tra cui il  traghetto gratuito”.

Nella stagione estiva si possono effettuare gite in battello con possibilità di sbarco a Skomvaer e Vedoya. In quest’ultima, a Grindteiger, sotto i dirupi pietrosi delle montagne, dove nidificano migliaia di urie, ci sono i resti di siti abitativi della tarda età della pietra ai tempi più recenti. Da vedere la scultura “Il Nodo” di Luciano Fabro: le due grandi ruote di colonne romane vanno lette come due grandi fette di pane con in mezzo uova di uccello, che riporta alla mente il drammatico naufragio di Querini.

Info: visitlofoten.com