In Uzbekistan tra le meraviglie della Via della Seta sulle gesta di Marco Polo

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La mitica Via della Seta, lunga ben 2000 chilometri,  richiama alla mente gli spazi infiniti, gli aridi deserti, i caravanserragli dove sostavano le carovane di cammelli battriani, che trasportavano dalla Cina e dall’India, raffinati tessuti e spezie di ogni tipo. Carovane lunghe chilometri in un miscuglio di lingue e tratti somatici che ancor oggi si colgono visitando l’Uzbekistan, da sempre corridoio obbligato di passaggio tra India da una parte, Russia, Persia e Penisola arabica dall’altro. E non solo per le merci. Da qui si sono diffuse anche le principali religioni: dallo zoroastrismo alla mistica sufi, dall’ebraismo al cristianesimo, dal buddhismo all’islam. Qui si cantano ancora le gesta di celebri condottieri: da Alessandro Magno a Gensis Khan, da Tamerlano, considerato il padre dell’Uzbekistan, a Marco Polo.  Buckara, Samarcanda e Khiva, le tre città simbolo,  ne sono l’emblema culturale. Quello che fu il glorioso Turkestan medievale presenta tratti geografici per molti aspetti sconosciuti. E’ infatti la nazione più continentale della terra, in quanto non si affaccia su nessun mare.

Ed è proprio la configurazione territoriale a caratterizzare fortemente le peculiarità ambientali e climatiche: dalle alte cime innevate di alcune dei maggiori rilievi montuosi dell’Asia centrale come Tien San, Alaj e Pamir, alle fertili pianure alluvionali centrali, molto sfruttate, a tempi dell’Unione Sovietica, per la coltivazione del cotone, di cui è ancora maggior produttore mondiale. Fino alle aride steppe che, attorno a quello che resta dell’ex lago Aral, antico mare e oggi uno dei maggiori disastri ambientali del pianeta in quanto quasi del tutto prosciugato, diventano veri deserti.

La città museo di Khiva

L’itineraio parte da Urgench, cittadina d’impronta sovietica e si prosegue per la città-museo di Khiva, l’antica Hvarezm, che conserva un centro storico perfetto anche se in parte ricostruito nel XIX secolo, ricco di monumenti costruiti attorno alla vecchia fortezza, residenza dei sovrani locali. Capitale nel XVI secolo dell’impero timuride, Khiva è divisa in due zone: la città esterna che nei secoli passati era protetta da 11 porte, ed la città vecchia (Ichon Qala) circondata da mura in mattoni di fango e paglia che alcuni studiosi fanno risalire al X secolo.

  • Varcarne le mura è fare un salto nel passato, nel tempo quando Khiva assieme alle carovane arrivavano anche gli schiavi per essere venduti. La città vecchia va vista al tramonto, meglio dal terrazzo del bastione Dicheik per godere della luce che filtra attraverso i minareti (suggestivo quello di  Kalta Minor) e le cupole delle moschee, suggestiva è l’illuminazione notturna. Da non perdere la Madrassa Muhammad Aminikhan.

Bukhara, la città sacra

Dopo aver attraversato il vasto deserto di Kyzyl Kum (la sabbia rossa) si approda a Bukhara, la capitale nel IX secolo del regno persiano samanide, è la città sacra per eccellenza dell’Asia centrale. Qui nacque l’imam Al-Bukhari, grande scienziato islamico. Ben 140 monumenti protetti Unesco e un centro storico tuttora immutato negli ultimi due secoli, catturano il turista curioso. Infatti, la visita a Bukhara è il modo migliore per farsi un’idea di come fosse la regione prima dell’arrivo dei russi. La stradine strette e tortuose consentono di immergersi in atmosfere magiche tra antichi quartieri dai diversi stili architettonici e respirare il profumo del pane appena sfornato dal tandur (forno di argilla). Da visitare il complesso di Kalyan con la moschea e lo svettante minareto e il mausoleo di Samanidi.

Samarcanda, lo specchio del mondo

Ma è a Samarcanda, quasi al confine con il Tagikistan, che si coglie tutto il fascino magico legato alla Via della Seta. Assieme a Roma, Atene e Babilonia, Samarcanda è fra le città più antiche a mondo (ha festeggiato i 2750 anni), tanto da essere chiamata “lo specchio del mondo” o “il gioiello dell’Islam” ed essere inserita nella celebre canzone di  Roberto Vecchioni. Già prospera nel V secolo a.C. sotto il dominio persiano a cui pose termine il macedone Alessandro, era il principale caravanserraglio sulla Via della Seta e divenne splendida quando assunse al ruolo di capitale dell’impero di Tamerlano, spietato ma anche attivo mecenate dell’arte e della cultura, facendole assumere un ruolo egemone in tutta l’Asia centrale.

Da allora il centro storico è rimasto immutato, compresa la sua magica atmosfera, con le madrasse dalle cupole di maiolica, le moschee dai minareti azzurri, i mausolei e le tombe, mentre il frenetico bazar costituisce un museo etnico dal vivo. Difficile non avere un sussulto davanti alla piazza Registan (va vista anche di sera con l’affasciante gioco di luci), l’antico centro della città circondato da scuole coraniche, con quelle cupole azzurre e le piastrelle smaltate diventate da sole icona della via della Seta.

Lo stesso capita davanti al viale dei mausolei Shah-i-Zinda, alla Moschea di Bibi-Khanym e al Mausoleo di Gur-e-Amir, dove Tamerlano si diede una dimora eterna degna del suo impero. Ultima tappa nella capitale Tashkent, città cinquecentesca molto ricca di musei; la grande moschea contiene un enorme Corano, il più antico del mondo, macchiato nel 655 dal sangue del califfo Osaman.