Acque color porpora dove non è raro incontrare una colonia di fenicotteri rosa: uno scenario da lago africano che sembra impensabile qui a Cervia (RA), nel cuore di quella Riviera Romagnola che si è conquistata l’appellativo di divertimentificio: mare e non solo, locali di tendenza e svago per tutte le età. Ma qui il tempo ha una scansione tutta sua, all’ingresso del Centro Visite delle Saline (nel pieno rispetto delle distanze di sicurezza e di tutte le normative anti-covid 19) si lascia l’anno 2020 per entrare in un mondo antico, già noto al tempo degli Etruschi, quando si estraeva quel sale “dolce” che possiamo assaporare anche oggi, diventato dal 2004 presidio Slow food.
Le saline si possono visitare a piedi, in barca, in trenino turistico, ma in ogni caso si farà una passeggiata per immergere le mani in quell’acqua salmastra e tirarne fuori quei cristalli grossi e unici, oro bianco fin dall’antichità, quando erano indispensabili per la conservazione di molti alimenti. La Salina di Cervia si estende per 827 ettari, è composta da oltre 50 bacini ed è circondata da un canale lungo circa 16 chilometri, che permette all’acqua dell’Adriatico di entrare ed uscire: infatti è l’acqua del mare che entrando in salina poi evapora e si concentra fino ad arrivare alla produzione del sale, alla raccolta, al lavaggio con l’acqua madre (ricchissima di oligoelementi), quindi all’essicazione che avviene naturalmente: arrivando a Cervia si vedono quelle montagnole bianche. La “cavadura” ovvero la raccolta del sale si fa da fine agosto a inizio di settembre, con il solo aiuto di un nastro trasportatore e di un carrello, una sorta di trenino: l’utilizzo di macchine inizia nel 1959, prima avveniva a mano (e così avviene ancora nella Salina Camillone, parte del Museo del Sale). La “cavadura” consiste nel fare entrare l’acqua del mare dal canale immissario, farla circolare nei canali dove dopo vari passaggi viene fatta defluire e, grazie all’azione del vento e del sole, evaporare e concentrare fino alla formazione del sale. Che è cloruro di sodio purissimo, con una bassa presenza di altri cloruri, mentre è ricco di oligoelementi come iodio, zinco, rame, potassio, manganese, ferro, calcio e magnesio.
La sfumatura un po’ rosa del sale è dovuta all’alga dunaliella, ricca di licopene e betacarotene, che conferisce lo stesso colore alle acque e che è cibo per microscopici crostacei (Artemia Salina, lunghi al max 15 mm) a loro volta il pasto preferito dai fenicotteri che, a furia di mangiarne, dopo un paio di anni di vita hanno il piumaggio rosa. I fenicotteri (molti ora stanziali) ma anche altri trampolieri (come l’avocetta e il cavaliere d’Italia) e tanti uccelli migratori quali aironi, cormorani, oche, anatre, gabbiani rendono le Saline di Cervia – Zona Umida di Importanza Internazionale nella convenzione di Ramsar- un paradiso per il birdwatching. Il sale si può acquistare nel negozio del Centro Visite all’ingresso delle Saline, in vendita anche vasetti di sale con spezie ed erbe aromatiche. Info: tel. 0544 973040, prenotazione obbligatoria – fino al 1 novembre visite sabato, domenica, festivi 10 – 12.30 / 14.30 – tramonto del sole
La Cervia del sale non finisce qui. Ancora un salto nel tempo… e nel gusto
Correva l’anno 1698 quando vennero inaugurati quei Magazzini del Sale (vicino alla Torre San Michele) che di recente vivono un nuova vita e rappresentano uno dei migliori esempi di archeologia industriale in questo territorio. Qui anticamente si stivavano e preparavano i sacchi di sale, poi nel tempo l’edificio cambiò destinazione, divenne negli anni ’70 luogo d’incontro, circolo ricreativo, poi subì un abbandono. Fino alla rinascita, circa tre anni fa, quando è diventato “Officine del Sale” (officinedelsale.com), ristrutturate nel pieno rispetto della tradizione. Inaugurate il 29 maggio 2017, le Officine del Sale come le vediamo e viviamo oggi sono frutto della volontà dell’imprenditore Alessandro Fanelli, ristoratore di Milano Marittima che ha partecipato a un bando pubblico per la riqualificazione degli edifici, ed insieme all’architetto Fabrizio Fontana ha voluto lasciare il più possibile intatte le strutture originarie dei fabbricati, basti pensare che sulle pareti rimangono, volutamente, le tracce del sale che vi si è depositato nel tempo.
Il passato rivive con le belle travi a vista, i mattoni liberati da vecchi intonaci, e un tocco di raffinatezza che va colta con il naso all’insù: tra due sale il solaio è chiuso da un cannucciato fatto apposta da uno degli ultimi artigiani esperti in nella lavorazione di erbe palustri “E’ costato una tombola ma ne valeva la pena” afferma Finelli. In questi locali trovano spazio “La Camillona Bottega e Caffè”, “l’Osteria del Mercato” e il “Teatro del Musa”. Di mattina al Bar della Camillona si può fare un’ottima colazione coi prodotti locali, usufruire della Libreria Coop, poi si può pranzare e cenare all’Osteria del Mercato del Pesce, con una cucina a vista di 60 metri, divisa dalla sala da una struttura in ferro e vetrate colorate costruita a mano da artigiani locali, si mangia in grandi ambienti dove le normative anti-covid 19 vengono rispettate, basti pensare che per evitare menù che passano di mano in mano, questi vengono stampati sulle tovagliette di carta.
La proposta gastronomica è davvero a km.0 ed è basata su quello che la stagione e la zona ha da offrire (pesce ma anche carne) e sul recupero delle antiche ricette. L’antipasto di cotto e di crudo è un’armonia di sapori accompagnati dalle erbette di stagione, la frittura di paranza è fragrante, ma quel che è una vera sorpresa sono i “manfrigul”, una pasta all’uovo piccola (sono poco più grandi di un chicco di riso) con le seppie, un piatto della tradizione “povera” che qui rivive alla grande. Siamo nella terra del sale, ed è da gustare “ Inferno”, il Gin al Sale Dolce di Cervia, ricette segrete di Alessandro Fanelli e di Baldo Baldinini, un mix di aromi che narrano i profumi locali.
E sempre in tema di territorio i vini sono anch’essi nel solco della tradizione romagnola. Come quelli della cantina Poderi dal Nespoli 1929 (poderidalnespoli.com), anno in cui il fondatore, Attilio Ravaioli, gestore di una osteria molto apprezzata per la cucina, la sala da ballo e la cantina, decise di dedicarsi a quest’ultima e alla produzione di Sangiovese. Oggi l’azienda gestisce 180 ettari di vigneto sulle colline forlivesi della vallata del Bidente, da Meldola a Civitella di Romagna, e produce un milione e mezzo di bottiglie fra bianchi, rossi e rosati.
Sangiovese ma non solo, non mancano le bollicine dello Chardonnay, né la riscoperta di un vino tipicamente romagnolo e poco noto altrove, il Pagadebit. “Ora siamo alla quarta generazione di produttori di vino” spiega Fabio Ravaioli, socio dell’azienda di famiglia, un gioiello a Nespoli (FC) dove si può soggiornare nella Villa, organizzare un matrimonio a Borgo dei Guidi nella suggestiva cornice della cantina di Poderi dal Nespoli, pranzare nell’ottimo ristorante (piatti tipici locali che uniscono ricercatezza e tradizione), fare una degustazione dei vini, o semplicemente regalarsi una giornata all’aperto in una location unica.