Un recente studio di GreenMatch ha identificato oltre 500 località in cui la vita marina è scomparsa. Più di 1.000 specie animali marine sono state colpite dall’inquinamento oceanico, e il 17% di queste è presente nella lista rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, che include le specie minacciate di estinzione a causa della plastica negli oceani
L’inquinamento marino rappresenta una delle più gravi emergenze ambientali del nostro tempo. Gli oceani, coprono oltre il 70% della superficie terrestre e giocano un ruolo cruciale nella regolazione climatica, sono oggi minacciati da livelli crescenti di contaminazione. Diverse fonti, dai rifiuti di plastica ai metalli tossici, dal petrolio ai deflussi agricoli, contribuiscono a rendere sempre più complessa la composizione degli inquinanti che si riversano nel mare. La situazione è molto grave e richiede risposte immediate.
Questa crisi è drammaticamente evidente nei dati: secondo alcune stime, oggi gli oceani contengono tra i 75 e i 199 milioni di tonnellate di plastica, e ogni anno vi si riversano quasi 15 milioni di tonnellate di nuovi rifiuti plastici. A questo ritmo, la proiezione è inquietante: entro il 2050, la plastica potrebbe addirittura superare la quantità di pesci nel mare. L’inquinamento marino è generato in gran parte (per l’80%) da attività che hanno origine sulla terraferma, come il deflusso agricolo, il rilascio di nutrienti e pesticidi e le acque reflue non trattate. Il restante 20% è invece imputabile alla pesca industriale, responsabile della dispersione di rifiuti plastici e attrezzature in mare.
Di fronte a uno scenario così drammatico, emergono però segnali di speranza. La comunità internazionale, supportata da aziende sensibili al tema, sta progressivamente adottando strategie mirate a limitare l’inquinamento e a promuovere la sostenibilità. In questo contesto, aziende come Icat Food si sono distinte per il loro impegno nella salvaguardia degli oceani e per la promozione di modelli produttivi responsabili. Giorgia Serrati, Presidente Emerito dell’azienda, ha ribadito l’importanza di un approccio sostenibile in ogni fase della produzione, affermando: “Siamo consapevoli che l’impegno per la salvaguardia ambientale unito all’impegno per lo sviluppo sociale siano una scelta irrinunciabile per garantire un futuro migliore alle prossime generazioni. Vogliamo contribuire a questo impegno attraverso un modello di sostenibilità in grado di intervenire concretamente in ogni fase della nostra filiera di attività”.
L’azienda ha infatti presentato il suo primo Bilancio di Sostenibilità, un documento che testimonia il percorso intrapreso per ridurre l’impatto ambientale e migliorare le proprie pratiche produttive. Questo percorso, iniziato anni fa, riflette l’obiettivo di crescere in armonia con l’ambiente, con iniziative mirate a ridurre il consumo di risorse e a sostenere le comunità in cui opera. Tra le azioni concrete intraprese, Icat Food ha lavorato per ridurre l’uso della plastica del 35%, grazie all’introduzione del cosiddetto Film Green, utilizzato per le operazioni di imballaggio nei magazzini. Anche l’impiego di olio di oliva è stato ridotto, insieme alla creazione di un magazzino a basso impatto ambientale.
Questi esempi mostrano come le aziende possano contribuire attivamente alla salvaguardia dell’ambiente, adottando misure concrete che, oltre a proteggere il mare, promuovano uno sviluppo responsabile e sostenibile. Oggi, grazie alle normative come la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), le aziende hanno l’opportunità di rendere trasparenti i propri progressi verso la sostenibilità. Le valutazioni ESG, che considerano l’impatto ambientale, sociale e di governance, permettono infatti di tracciare una mappa del valore che ogni impresa genera, non solo in termini economici, ma anche in termini di benessere sociale e ambientale.
In definitiva, l’inquinamento marino non è solo una minaccia per la biodiversità e per la salute delle acque, ma rappresenta una sfida globale che tocca tutti gli aspetti della società. Proteggere gli oceani è un dovere verso le generazioni future, che dipendono dalla salute dei mari per un ambiente sostenibile e vivibile.